05 November 2013

A colloquio con Agassi

In occasione dell'arrivo a Milano di Andre Agassi, pubblichiamo la lunga intervista esclusiva che abbiamo fatto con il kid di Las Vegas a Parigi ... di MAX GRASSI

Parte 1

dal nostro inviato a Parigi, Max Grassi

(Intervista pubblicata sul numero di Settembre 2011 de "Il Tennis Italiano")

 

Ventuno anni fa, un pubblicitario coniò una frase che si attaccò alla pelle di un giovane Agassi condizionandone la vita. In negativo, a sentire lui. Ebbene quella stessa frase - “L’immagine è tutto” - che lo stesso Agassi ricorda come una condanna s’è trasformata nel tempo nella sua più grande ricchezza.

 

Scherzi del destino o più semplicemente l’evoluzione di un percorso che ha portato l’ex kid di Las Vegas, oggi felice marito e padre 41enne, dall’essere un simbolo di ribellione (chi non ricorda unghie laccate, pantaloncini di jeans, creste multicolore) all’essere un benefattore che s’è preso sulle spalle il destino di migliaia di giovani disagiati dello Stato in cui è nato e in cui ancora oggi vive: il Nevada. Perché è grazie alla sua immagine che l’ex numero 1 del mondo ha potuto raccogliere milioni di dollari di fondi per finanziare la sua scuola. “Ma non mi interessa - ci ha confidato - essere famoso, apparire in pubblico per soddisfazione personale. Voglio sfruttare la mia visibilità per la mia missione, che è quella di influenzare una certa visione della società”.

 

A parlare di Agassi si trova sempre l’amico che storce il naso, come dire “sa di americanata”. Del resto non è forse lui quello che ha confessato: “vengo da una città dove se pensi una cosa, la puoi fare. Per me era così: quando perdevo la fiducia, bluffavo. E mi stupivo di quanto il bluff mi riuscisse bene”.

 

Altri tempi. Questo Agassi così “illuminato” è tutto vero come è vero che grazie a lui oggi possiamo ammirare un tennis più spettacolare. Per credergli basta avere la fortuna di incrociare il suo sguardo mentre parla della sua scuola; in quegli occhi, umidi d’emozione, ci trovi tutta l’essenza della seconda vita del “kid”. Il volto paffuto e qualche chilo di troppo sono invece la testimonianza di un atleta ormai ex, ma la voglia di affrontare sempre nuove sfide, di aiutare gli altri, di continuare a mettersi in gioco non lasciano dubbi sulla pasta di cui è fatto il ragazzo.

 

Ve lo ricordate quando schizzava ai cambi di campo come se sotto la panca ci fosse una molla? Ebbene, con la stessa rapidità sembra muoversi ancora oggi che la partita da vincere non è più contro un solo avversario, ma contro due dei nemici giurati dell’umanità: l’ignoranza e la conseguente emarginazione. A noi, che abbiamo avuto la fortuna di incontrarlo e lo abbiamo sentito parlare - ma sarebbe più corretto dire “sussurrare” - in un caldo pomeriggio parigino, ha fatto una grande impressione e ne siamo usciti con la convinzione di aver incontrato uno degli sportivi più importanti e ‘profondi’ della storia. E’ per questo che oggi, come e più di quando sparava le sue cannonate di diritto sui campi di mezzo mondo, facciamo il tifo per il “kid di Las Vegas”. 

Parte 2

dal nostro inviato a Parigi, Max Grassi

 

Andre, i giocatori di oggi sono tutti così gentili, corretti e ‘puliti’. Sul campo non succede quasi mai niente fuori dall’ordinario. Non so, gente come Jimmy Connors, John McEnroe o anche te, eravate capaci di infiammare la folla. Credi anche tu che il tennis abbia bisogno di più personalità nei suoi protagonisti?

“Oh, non lo so. Penso che la prima cosa che serve allo sport sono le rivalità, questa è la cosa essenziale. E in questi ultimi anni mi sembra che non siano certo mancate. Abbiamo bisogno che lo spettacolo in campo diventi sempre migliore e io sono un purista in questo senso. Non mi interessa vedere come uno si atteggia ma mi piace vedere come uno è veramente. E’ questo quello che bisogna riuscire a trasmettere. Conosco Rafa, è un ottimo ragazzo, molto concentrato, onesto, come Roger del resto. Djokovic ha una grande personalità. Ma l’importante è essere se stessi. Non abbiamo bisogno di gente con problemi (ride, ndr.). Voglio dire, se ci sono è ok ma non bisogna certo crearli ad arte. I match tra questi grandi giocatori che ti ho citato sono già molto divertenti di per sé”.

 

Mats Wilander sostiene che Novak Djokovic è un mix tra te e Jimmy Connors anche se lui si muove meglio di voi...

“Anche meglio di Mats se è per questo (ride, ndr.). E comunque io facevo le cose migliori quando non stavo correndo”.

 

Comunque secondo lui il serbo è migliore di Connors ma gli sarebbe piaciuto vederlo contro di te...

“Allora: secondo me Djokovic si muove meglio di chiunque altro abbia mai giocato a tennis. Nadal gli è vicino e sulla terra si equivalgono.  Rafa è un vero agonista e va su ogni palla, è un combattente, è molto aggressivo e ha le capacità per esserlo anche quando è in difesa. Quando io ero dietro in un punto, per me era ok, bravo l’avversario. Pensavo a risparmiarmi per il punto successivo”.

 

 

“Ciò che serve a uno sport sono le rivalità. Questa è la cosa essenziale. In questi anni mi sembra non siano mai mancate e quella tra Roger e Rafa è una delle migliori”

 

 

Quindi Nadal farà fatica in futuro?

“E’ un lottatore incredibile ma fa costantemente violenza al suo corpo. Adesso ha 25 anni ed è in salute ma in un giorno può cambiare tutto”.

 

Così Rafa e Nole sono meglio di te...

“Oh dai, per favore. Io ero così lento. Non ero veloce nemmeno per la mia epoca. Chang era più veloce di me, anche Sampras. La rapidità non era certo la mia forza”.

 

Era l’istinto sulla palla.

“Io ero un gran picchiatore, toglievo il feltro alla palla”. 

Parte 3

dal nostro inviato a Parigi, Max Grassi

 

Nel 1990 hai giocato la tua prima finale contro Pete Sampras agli Us Open e quindici anni dopo, nel 2005, stavi giocando ancora una finale a New York contro Roger Federer. Qual è il segreto della tua longevità?

“Prima di tutto devi essere fortunato ed essere in salute”.

 

Solo questo?

“Non solo. Devi essere intelligente. Sai, nel mio caso ho scelto con molta attenzione la mia programmazione. Non ho mai giocato troppo. Mi sono allenato molto duramente per essere preparato. Qualcuno si allena troppo e si rompe perché è fondamentale anche sapere quando riposarsi. Durante una carriera bisogna saper prendere la decisione giusta tante volte”.

 

Anche adesso che ti sei ritirato conservi comunque uno spirito agonistico...

“Certo, resto una persona molto competitiva. Per essere stato il migliore del mondo devi essere molto orgoglioso di quello che fai”.

 

Molti tuoi colleghi, da McEnroe al tuo amico Courier, dal campo sono passati al microfono. Tu non ci hai mai pensato?

“Per farlo dovrei prepararmi a dovere e cominciare a viaggiare molto per seguire i giocatori da vicino. Questo vorrebbe dire allontanarmi spesso dalla mia scuola e dalla mia famiglia. E’ un impegno che non mi va di prendere oggi”.

 

“Poter cambiare l’esperienza di vita di un altro essere umano è un grande dono. Nessun successo sportivo ti può dare la stessa soddisfazione. A questo dedico tutti i miei sforzi”

 

A 33 anni eri n.1 al mondo e hai vinto gli Australian Open. Federer può tornare in vetta al ranking?

“A 29 anni ha consumato il suo corpo un terzo di quanto avessi fatto io alla sua età, quindi può dare ancora tanto. E’ incredibile quel che sta facendo e come lo sta facendo; su ogni superficie. Per lui è molto importante essere arrivato sino a qua senza infortuni”.

 

Tuo padre da bambino ti costringeva a colpire 2500 palline al giorno. Ti sei mai sentito abusato?

“No, perché mi amava ed era orgoglioso di me. Però abbiamo una concezione diversa del successo. Lui non voleva che pensassi, era convinto di avere tutte le risposte. E ancora lo è (ride, ndr.). Però mi ha dato consigli fondamentali: come quando a 29 anni mi ha ordinato di sposare Steffi Graf” (ride, ndr.)”. 

Parte 4

dal nostro inviato a Parigi, Max Grassi

 

Una volta hai pronunciato una frase bellissima: “l’educazione ti dà la possibilità di scegliere e ti permette di scoprire chi sei veramente”. Tu hai raccontato di non avere mai avuto scelta perché non avevi ricevuto un’educazione. Con la tua Academy stai dando un futuro a tanti bambini ma qual è la cosa più importante che questi bambini danno a te?

“Beh penso che poter cambiare l’esperienza di vita di un altro essere umano sia un grande dono. Nessun successo sportivo ti può dare la stessa soddisfazione. Realizzare questo è appagante. Quando giocavo a tennis avevo un impatto sulla vita degli altri per le due ore del match. La gente veniva allo stadio e si prendeva un po’ di tempo di svago, un break dalle loro vite. Dopo che ho lasciato il tennis ho capito che avevo l’opportunità di aiutare qualcuno non solo per poche ore ma per cambiare la sua vita. E io ho scelto di farlo attraverso l’educazione perché credo che l’educazione ti dia gli strumenti per scegliere il tuo futuro e renda il mondo migliore”.

 

Ti va di parlarci un po’ della tua scuola a Las Vegas?

“Con molto piacere. Il mio obiettivo è semplicissimo. Voglio portare risorse e vedere questi ragazzi diplomarsi perché lo Stato dove vivo, il Nevada, ha la più bassa percentuale negli Stati Uniti di ragazzi che vanno al College. Più della metà dei ragazzi abbandonano subito dopo la high school e questa è una tragedia. Per questo ho deciso di costruire la scuola nella zona più povera di Las Vegas. Ma non mi considero un educatore bensì un agevolatore. E la cosa più difficile da accettare è che ospitiamo già 650 bambini nella mia scuola ma ce ne  sono più di 500 che non possono entrare. Nel tennis ero abituato a misurarmi con una persona, il mio avversario, e se vincevo ero il migliore. Adesso, finché ci sarà anche solo un bambino che non avrò aiutato, per me sarà un fallimento. L’obiettivo è quello di costruire nei prossimi quattro anni 75 scuole negli Stati Uniti per dare un’opportunità a 40.000 bambini. E’ a questo progetto che dedico i miei sforzi e la mia anima”.

 

Quanto tempo dedichi alla tua scuola?

“Spendo l’80% del mio orario di lavoro per la fondazione, servono milioni di dollari per mettere in atto i miei progetti e quindi serve tanto lavoro per trovare i fondi. Ma questo mi fa dormire bene la notte, perché questi ragazzi contano su di me. E’ una grande responsabilità. Devo mostrare la scuola ai politici, ai potenziali donatori, alle celebrità che vengono a trovarci. E la cosa bella è che ormai per i ragazzi sono come una mosca sul muro. I ragazzi mi ignorano. A dir la verità molti di loro neanche mi conoscono (ride, ndr.), non mi hanno mai visto giocare perché o sono troppo giovani o più semplicemente non guardano il tennis. Quando sentono il mio nome sanno che sono quello che gli fornisce un asilo sicuro. Per loro sono il presidente della fondazione e non un ex campione di tennis”.

 

Alla tua età hai avuto una vita piena di emozioni. Eppure non sembri volerti fermare. Dove trovi le energie per fare tutto questo?

“La mia motivazione è la mancanza di alternative. Se io non facessi questo, 10 mila bambini non avrebbero un’opportunità. Quindi l’alternativa è essere incosciente. Da quando ho appeso la racchetta al chiodo ho vissuto molti momenti di felicità, ma non sono il tipo da festeggiare troppo ciò che ho appena fatto. Preferisco guardare avanti, al prossimo passo, al domani”.

 

“Nel tennis non serve essere perfetto, devi solo trovare il modo di essere migliore di una persona sola. Come risultato, non smetti mai di spingere te stesso a migliorarti”

 

Cosa ti ha insegnato il tennis?

“Nel tennis non serve essere perfetti, devi solo trovare il modo di essere migliore di una persona sola. Come risultato, non smetti mai di spingere te stesso a migliorarti. Ecco cosa mi ha insegnato questo sport. Ma ho sempre dato più importanza ai miei fallimenti che ai miei successi. I miei ragazzi, loro sì hanno già imparato quello che io ho impiegato decenni ad apprendere: a brillare nascosti, a dare il massimo anche e soprattutto quando non c’è nessuno ad applaudire”. 

Parte 5

dal nostro inviato a Parigi, Max Grassi

 

Conosci l’antico libro di Giobbe? Satana gli ha tolto tutto, soldi, moglie, figli. Ma lui non ha mai perso la fede in Dio che alla fine gli ha restituito tutto raddoppiato. E’ un po quello che è successo a te con il tennis che prima ti ha tolto e poi ti ha restituito con gli interessi...

“E’ vero. Sono passato dal rifiuto di questo gioco per la maggior parte della mia vita e della mia carriera al capire che in fondo è stato proprio grazie al tennis che ho ottenuto la mia scuola, mia moglie, il tempo da dedicare ai miei figli, cosa che tanti padri purtroppo non hanno”.

 

E ti piace guardarlo?

“Mi godo il mio sport molto più adesso di quando giocavo. Adesso posso sedermi e guardar giocare gli altri senza alcuno stress, senza preoccuparmi, senza dover più pensare a cosa avrei dovuto fare per battere quel giocatore. Quest’anno ho visto la semifinale di Parigi tra Federer e Djokovic ed è stato uno dei più bei match che io abbia mai visto, hanno tenuto uno standard altissimo. Mentre la rivalità tra Federer e Nadal è una delle migliori che il nostro sport abbia mai avuto”.

 

Perdonami la domanda banale a cui avrai già risposto un milione di volte: cosa pensi di aver dato al tennis e cosa invece hai ricevuto?

“Quello che spero di aver dato è di aver lasciato un tennis migliore di quando sono arrivato. Credo di essere stato uno dei primi a colpire piatto e forte sia di diritto che di rovescio e questo ha alzato la qualità del gioco. E poi credo di aver avvicinato tantissima gente a questo sport (si prende una lunga pausa, ndr.). Ma penso di aver dato più io al tennis di quello che ho preso. Non fraintendermi, come ti ho detto poco fa devo tantissimo a questo sport, ma onestamente penso sia così”.

 

Nella tua autobiografia “Open” hai descritto i tuoi giorni sul circuito come un vortice. Come è cambiata la tua vita da quando non sei più un giocatore?

“Il vortice a cui facevo riferimento era un po’ il mondo che mi circondava, un  mondo che non riuscivo in nessun modo a controllare. Tutto era veloce. Adesso la mia vita è molto ragionata. Ed è tutto sotto il mio controllo”.

 

Riesci a fare davvero quello che vuoi, insomma. E la tua giornata tipo?

“Non ho giornate tipo (ride, ndr.). Non so cosa siano, ogni giorno è un’avventura”.

 

Curiosando un po’ nella tua vita privata, hai sempre parole splendide per Stephanie, tua moglie; ma c’è qualcosa che ti riesce fare meglio di lei?

“Secondo me o lei?”.

 

Entrambi.

“Credo niente. Certamente non giocare a tennis. In casa è lei che porta i pantaloni (ride, ndr.)”.

 

Uno dei partner più importanti per la tua fondazione è la maison orologiera Longines. Come è nato il vostro rapporto? “Sono venuti a Las Vegas molto tempo fa per vedere cosa stavo facendo con la mia fondazione. Prima ancora di firmare un contratto hanno voluto capire come stavo lavorando. E’ un approccio che ho molto apprezzato. E così abbiamo cominciato a discutere su quello che era stato fatto e che ancora andava fatto. Loro, come me, sono interessati a salvaguardare il futuro delle persone. Anche loro usano il successo come un’opportunità per cambiare la vita delle persone. Insieme condividiamo questa visione”.

 

Cosa ti piace di Longines?

“Che domanda: gli orologi”.

 

L’estetica o la meccanica?

“L’estetica. Non farmi domande tecniche sugli orologi per favore. Anzi, devi sapere che Longines non sostiene la scuola solo con importanti assegni ma hanno tenuto e tengono anche dei corsi ai ragazzi su come si costruiscono questi orologi così sofisticati. Per cui se vuoi sapere qualcosa sulla meccanica devi venire a Las Vegas e chiedere a loro”. 

Parte 6

dal nostro inviato a Parigi, Max Grassi

 

Molto volentieri. Ma con che logica hai scelto i modelli per te e tua moglie?

“No no no, allora non hai capito. Stephanie ha scelto per se stessa e... anche per me” (ride, ndr.). Semplicemente credo che le sue decisioni siano migliori delle mie. Sempre. Però c’è una particolarità nel mio modello che è unico al mondo. Il numero 8 sul quadrante è d’oro perché ricorda il numero di Grand Slam che ho vinto in carriera e l’oro della medaglia olimpica”.

 

Per finire: c’è una cosa che ti manca del tennis?

“Non mi mancano la competizione, l’allenamento, i viaggi, la programmazione, il poco tempo libero. L’unica cosa che mi manca è la gente, le relazioni con le tante persone che ho conosciuto in questi anni nel mondo. Quando sei abituato a vederli ogni anno durante i tornei poi ti mancano. Ma è tutto qui”.

 

Dopo il tuo match d’addio, a New York, contro Benjamin Becker, hai detto una cosa a noi giornalisti che mi ha colpito: ‘vi mancherò davvero ragazzi o state solo fingendo?’. C’è mai stato un momento dopo il tuo ritiro in cui ti sei sentito solo? E in generale come hai vissuto la sensazione di non essere più sotto i riflettori?

“Oh, questo è semplice. Ti assicuro che hai una vita molto migliore senza essere sotto i riflettori. Non mi interessa essere famoso, apparire in pubblico per soddisfazione personale. Voglio sfruttare la mia visibilità per la mia missione che è quella di influenzare una certa visione della società. Per finire di rispondere alla tua domanda, non sono mai stato solo. Ho sempre avuto belle persone accanto. Ritirarsi fa paura, non sai cosa c’è dall’altra parte. E’ un momento difficile della tua vita; ma avevo molti amici su cui contare quindi non sono mai stato solo”.

 

 

UNA CARRIERA DA HALL OF FAME 41 ANNI COMPIUTI IL 29 APRILE, AGASSI HA VINTO 60 TITOLI ATP. HA GIOCATO 1144 MATCH UFFICIALI (DAVIS ESCLUSA) CON UNA PERCENTUALE DI VITTORIE DEL 76% (870-274). SOLO DI MONTEPREMI HA GUADAGNATO LA VERTIGINOSA CIFRA DI 31.152.975 DOLLARI, A CUI SI CALCOLA DEBBANO AGGIUNGERSI 150 MILIONI DI SPONSOR. N. 1 DEL MONDO PER 101 SETTIMANE, SONO 8 GLI SLAM CONQUISTATI. ANDRE È L’UNICO TENNISTA AD AVER VINTO I 4 SLAM, LA MEDAGLIA D’ORO DEL SINGOLARE OLIMPICO, L’ATP WORLD CHAMPIONSHIP E LA DAVIS. IL 9 DI LUGLIO È STATO INTRODOTTO NELLA HALL OF FAME DI NEWPORT (FOTO A DESTRA) 

 

UNA RIVALITA’ SENZA TEMPO LA PRIMA SFIDA TRA AGASSI E SAMPRAS FU PROPRIO A ROMA NEL 1989 E ANDRE DISTRUSSE PETE CON UN SECCO 6-2 6-1. DA ALLORA I DUE SI SONO INCONTRATI 34 VOLTE CON UN BILANCIO A FAVORE DI PISTOL PETE DI 20 A 14. MA LE LORO BATTAGLIE CONTINUANO ANCHE OGGI, DENTRO E FUORI DAL CAMPO, TRA MATCH D’ESIBIZIONE E BATTUTE AL VETRIOLO, COME QUANDO IL KID HA SCRITTO NELLA SUA AUTOBIOGRAFIA: “INVIDIO LA SUA OTTUSITÀ”. “NON MI SONO MAI SENTITO A DISAGIO CON ANDRE - HA CONFESSATO RECENTEMENTE SAMPRAS - SAREMO SEMPRE LEGATI L’UNO ALL’ALTRO, COME MCENROE A LENDL. È UNA QUESTIONE DI RIVALITÀ, UNA RIVALITÀ TRA I DUE MIGLIORI GIOCATORI DEL MONDO. ALI AVEVA FRAZIER. I LAKERS HANNO I CELTICS. IO HO ANDRE. SARÀ SEMPRE COSÌ” 

 

L’EDUCAZIONE PRIMA DI TUTTO “NELLA MIA CITTÀ SONO MIGLIAIA I BAMBINI PRIVATI DI UN’ISTRUZIONE E QUESTO È UN CRIMINE”. L’ANDRE AGASSI COLLEGE PREPARATORY ACADEMY AD OGGI OSPITA 650 BAMBINI. PER SCELTA DELL’EX CAMPIONE È STATA FONDATA IN UNA DELLE ZONE PIÙ POVERE DELLA CITTÀ. SOPRA, LO VEDIAMO FELICISSIMO FIRMARE I DIPLOMI DEI “SUOI” STUDENTI. MA IL SUO IMPEGNO SI ESTENDE SU TUTTO IL TERRITORIO: “CON L’AIUTO FINANZIARIO DI UNA SOCIETÀ CALIFORNIANA ABBIAMO IN MENTE DI APRIRE BEN 75 SCUOLE SPARSE PER TUTTA L’AMERICA. L’OBIETTIVO È QUELLO DI FORNIRE UN’EDUCAZIONE DI PRIMO LIVELLO PER 40.000 BAMBINI”. ANCHE SUA MOGLIE, STEFFI GRAF, HA UNA FONDAZIONE, “CHILDREN FOR TOMORROW”, CHE AIUTA I PICCOLI CHE HANNO SUBITO I TRAUMI DELLA GUERRA E HANNO CONOSCIUTO LE PERSECUZIONI O L’ESILIO

© RIPRODUZIONE RISERVATA