Riccardo Bisti
07 September 2017

Anderson risveglia il gigante addormentato

Con la sua semifinale a New York, Kevin Anderson spera di rilanciare il Sudafrica. Paese con grandi tradizioni, oggi è lontano dalle scene principali e si affida a lui per tornare protagonista. “Spero che i miei successi servano a stimolare i ragazzi a giocare a tennis”.

Per tante volte, Kevin Anderson ha bussato alla porta dei più grandi. Dai e dai, alla fine è riuscito ad aprirla. Venerdì sera, il sudafricano giocherà la sua prima semifinale Slam: occasione rara, forse unica, per trovare un posticino nella storia del tennis. Grande professionista, ha avuto la capacità di cambiare le cose rispetto a Wimbledon, quando perse in cinque set contro Sam Querrey. Nella notte tra martedì e mercoledì, in un match finito alle 2, è stato pressoché perfetto. Qualcuno aveva scritto che si tratta del primo sudafricano (donne comprese) ad aver raggiunto la semifinle allo Us Open, almeno dal 1968. Non è proprio così, visto che nel 1980 Johan Kriek rappresentava ancora il Sudafrica quando perse contro Bjorn Borg. Sarebbe diventato australiano un paio d'anni dopo. Di sicuro il gigante sudafricano non trova un semifinalista da 56 Slam: l'ultimo era stato Wayne Ferreira all'Australian Open 2003. “Ho lavorato tantissimo e ho finalmente ottenuto un risultato inedito della mia carriera – ha detto Kevin – uno dei miei obiettivi era migliorare i risultati che avevo ottenuto fino a oggi, finalmente ce l'ho fatta. È una splendida sensazione, ma sono ancora nel torneo. Significa che avrò un'altra opportunità per andare avanti”. Nella sua lunga carriera, Anderson aveva raggiunto un solo quarto di finale Slam: va detto che ha avuto una serie di problemi fisici, anche piuttosto gravi, a una spalla e a entrambe le ginocchia. C'erano le premesse per mollare, ma lui non ha mai dubitato di aver un grande colpo in canna. A 31 anni, potrebbe giocare la prima finale Slam in carriera. A separarlo dal traguardo un giocatore forte ma non irresistibile: tra l'altro, ha vinto entrambi gli scontri diretti contro Pablo Carreno Busta, l'ultimo un mese fa a Montreal. I bookmakers lo danno favorito.

UN MESSAGGIO PER I RAGAZZI SUDAFRICANI
“Ho sempre lavorato sodo, con l'unico obiettivo di migliorare il mio tennis – racconta Anderson – forse a volte ho esagerato, ma ho sempre avuto fiducia nelle mie qualità”. Anche se la federazione sta cercando di ricostruire dalle macerie, Anderson è l'unico africano davvero forte. Questo risultato, tuttavia, lo porterà in una nuova dimensione. Pur risiedendo da tempo negli Stati Uniti, è molto seguito in patria. “Ho ricevuto una montagna di messaggi da amici e parenti, nonché da alcuni personaggi dello sport sudafricano. Ho dato solo un'occhiata al mio telefonino e ho visto un messaggio di Wayne Ferreira. Avevamo già parlato un po', quest'anno. L'ho visto a Wimbledon e mi ha dato una mano, anche se non in via ufficiale”. Anderson è stato contattato dal mitico golfista Ernie Els, nonché da Louis Oosthuizen, con il quale gli capita di incontrarsi in Florida, dove risiede. Anche se in passato ha avuto qualche screzio con la sua federazione, tanto da aver saltato diversi match di Coppa Davis, tiene molto a sviluppare la crescita del tennis sudafricano. “La mia più grande speranza è di spingere tanti giovani a giocare a tennis. Non è facile se nasci in un paese come il nostro, lontano dalle scene principali. Mi fa stare bene vedere la bandiera sudafricana accanto al mio nome e dimostrare ai ragazzi che si può avere successo, a patto di lavorare duro". Ex top-10, attualmente Anderson è numero 32 ATP. Parlando della semifinale contro Carreno Busta, ha detto che è curioso vedere un match del genere dopo che per una decina d'anni le fasi finali dei grandi tornei sono state monopolizzate da 4-5 nomi. “L'assenza di alcuni top-players ha dato ad altri la possibilità di andare in fondo al torneo”. Lui l'ha colta alla grande: da uomo intelligente, sa benissimo che potrebbe non averne altre. E allora, quello contro Pablo Carreno Busta sarà il match più importante della sua carriera. Non ci sono dubbi.

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