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Marco Caldara
24 September 2017

Fognini, il titolo sul veloce non arriva

Non arriva neanche stavolta il primo successo di Fabio Fognini sul cemento: a San Pietroburgo il ligure va avanti di un set contro Damir Dzumhur, ma poi crolla fisicamente, tradito dai problemi fisici già tenuti a bada nei giorni scorsi. Peccato, tuttavia la reazione post-New York è significativa e l’atteggiamento è piaciuto. Se lo tenesse fino a fine stagione può togliersi altre soddisfazioni.
Tre finali, tre sconfitte. Col tempo il cemento è diventato sempre più amico di Fabio Fognini, fino a permettergli di esprimere un tennis simile a quello che sa mostrare sulla terra battuta, ma il primo titolo ATP resta ancora un obiettivo. Il terzo “no” è arrivato di nuovo dalla Russia, come nella finale del 2012 a San Pietroburgo o quella di dodici mesi fa a Mosca, e fa male soprattutto perché in condizioni normali il trofeo del St. Petersburg Open 2017 sarebbe finito nel suo palmarès, a far compagnia agli altri cinque raccolti in carriera. Invece Fognini ha avuto circa un’ora di autonomia, poi il fisico si è messo in mezzo e il trofeo è diventato il primo nella bacheca di Damir Dzumhur, protagonista di un finale d’estate meraviglioso. A Winston Salem ha raggiunto la prima finale ATP, poi è arrivato al terzo turno allo Us Open e ora si è preso il primo titolo. Sul cemento della Sibur Arena è finita 3-6 6-4 6-2 per il 25enne di Sarajevo, che salirà al numero 40 ATP. Un piccolo miracolo costruito con grinta, continuità e… risposta. Le statistiche ATP dicono che il bosniaco è fra i cinque migliori ribattitori del circuito, addirittura l’unico capace di convertire più del 50% delle palle-break guadagnate (con una resa di oltre 5% superiore a quella di Murray, secondo). Ma quando la partita è da giocare sugli scambi il suo tennis è troppo leggero. Si muove bene, sa come difendere, ma è a corto di soluzioni vincenti, mano e fantasia. Difficoltà emerse in toto nella prima fase del match, dominate da un Fognini fin troppo superiore. La chiave tattica del ligure era semplice: scambiavano, poi lui accelerava col rovescio lungolinea sul rovescio del rivale, e scendeva a rete a prendersi il punto. Una strategia che ha tolto tempo e idee a Dzumhur, che per tutto il primo set ha tenuto un atteggiamento indisponente, lamentandosi praticamente dopo ogni singolo punto. Una volta era una chiamata dubbia, un’altra la tensione della racchetta, un’altra ancora il troppo tempo preso da Fognini fra un punto e l’altro. Sull’ultimo punto non aveva tutti i torti, ma così facendo ha finito soltanto per farsi del male da solo.
È MANCATO SOLO IL TITOLO
Ma col passare dei minuti sono iniziati i problemi di Fognini, che dall’inizio della settimana gioca con una fasciatura sotto il ginocchio sinistro, e già sabato si era fatto trattare il destro. La vittoria contro Bautista Agur è stata un piccolo miracolo, e il fatto che nella cerimonia post-match il ligure abbia dedicato “un grazie speciale” al team medico del torneo (“è anche grazie a loro che sono arrivato in finale”) la dice lunga sui problemi incontrati nel corso della settimana. Ha iniziato a muoversi sempre peggio, ha perso fiducia e il suo match è finito a metà secondo set. Ha perso per la prima volta il servizio, ha subito reagito ed è salito sul 4-3, ma da quel momento in poi i problemi sono diventati sempre più complicati da gestire, la mente si è riempita di pensieri negativi e Dzumhur ha preso il largo. Ha vinto cinque game di fila, conquistando il secondo set e prendendosi l’immediato 2-0 nel secondo. Fognini ha provato a restare a ruota con ciò che aveva, ma lo schema tattico era completamente saltato. Invece che scambiare l’azzurro cercava il prima possibile la soluzione vincente, con più difficoltà che fortune. Si è consultato un paio di volte con medico e fisioterapista, ma ha preferito non farsi trattare e si è trascinato fino alla fine, pur sapendo di non avere alcuna chance di riprendere in mano il match. Dzumhur ha letto il momento, ha infierito con qualche palla corta (che l’azzurro non ha neanche provato a raggiungere) e ha passeggiato fino alla conclusione. “Sono un po’ triste per aver perso la finale – ha detto l’azzurro nella lunghissima cerimonia conclusiva –, ma oggi mi sentivo così così. Complimenti a Damir per il titolo, se l’è meritato. Tornerò l’anno prossimo, per provare a vincere finalmente il titolo”. Stavolta se lo sarebbe meritato, per la grande (e per nulla scontata) reazione dopo i fatti di New York, e per l’atteggiamento tenuto nel corso della settimana. Come è giusto sottolineare le sue bizze, è doveroso anche citare la capacità di giocare sopra i problemi fino a metà finale, sfruttando tutte le chance che gli si sono presentate. Un buon viatico da portare con sé nella trasferta in Asia.

ATP 250 SAN PIETROBURGO – Finale
Damir Dzumhur (BIH) b. Fabio Fognini (ITA) 3-6 6-4 6-2
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