Riccardo Bisti
27 November 2017

“Caro Federer, mi spiace ma non hai talento”

Curiosa (e divertente) rivelazione di Roger Federer: da ragazzino, un coach gli disse che non aveva talento e che non sarebbe arrivato da nessuna parte. “Ma lo devo ringraziare, perché mi ha stimolato a impegnarmi ancora di più”. Il duro lavoro per arrivare lassù, ancora oggi, lo commuove dopo una vittoria importante.

La storia di Roger Federer non ha quasi più segreti. Tutti sanno che da giovane non era composto e regale come oggi, anzi. Tuttavia, in alcune recenti dichiarazioni, ha rivelato alcuni dettagli non così noti. “Quando avevo 16 anni, mi capitava spesso di lanciare la racchetta mentre giocavo a tennis – ha detto – per questo motivo, sono anche stato cacciato dal campo. Intorno ai 17 anni, la mia famiglia ha deciso di mandarmi da uno psicologo perché ero molto nervoso sul campo. Da allora, la mia crescita è stata costante”. Ogni volta che Federer si trova sotto pressione, si conforta pensando al gran lavoro svolto per arrivare in cima. E pensare che nel 2004, una volta centrato il numero 1 ATP, aveva addirittura pensato di smettere. “Avevo raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero prefissato. Tuttavia, mi sono detto che avrei potuto continuare perché non avevo più niente da dimostrare". Ancora oggi, Federer manifesta con un certo trasporto i suoi sentimenti, sia dopo una vittoria che a seguito di una sconfitta.

“AL MASSIMO PUOI PRENDERE UN CAFFÈ”
“Mi hanno detto che piango troppo dopo una sconfitta o un vittoria. In effetti ci sono giocatori che a stento sorridono dopo un bel successo, ma c'è anche chi non smette di ridere per settimane. Io sono uno di quelli che lascia scorrere le lacrime. Succede perché ricordo quel coach che mi disse che non sarei andato da nessuna parte, e penso ai tutti i sacrifici che ho fatto. Però devo ringraziare quella persona perché, soprattutto nei primi anni di carriera, mi ha dato lo stimolo ad andare avanti”. Incredibile ma vero: a quanto pare, in età giovanile, c'è stato chi ne aveva messo in dubbio il talento. “Al mio primo torneo, mi disse: 'Al massimo, con quelle mani puoi prendere un caffè al bar. Ragazzo, non hai talento'. Mi ha fatto crescere in termini di rabbia e mi ha cambiato la personalità”. Ferito nell'orgoglio, Federer si allenava anche di notte. Accendeva le luci in giardino e tirava la palla contro il muro, centinaia di volte. “Provavo dritti, rovesci... ogni tipo di colpo fino a convincermi che fossero perfetti. Volevo sfondare, ma davanti a me vedevo molti ostacoli e tante persone che non credevano in me”. Diciamo che si è preso le sue rivincite...

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