Una vistosa fasciatura a coprirle il busto ha accompagnato Francesca Schiavone nella sua ultima (?) apparizione sulla Rod Laver Arena. Per il suo Slam numero 69, l'urna le ha dato in sorte una giocatrice troppo forte, almeno oggi. E così Jelena Ostapenko si è imposta col punteggio di 6-1 6-4 in una partita più o meno semplice, più o meno banale. Soltanto un po' di sano romanticismo ci ha fatto pensare che quel 4-1 nel secondo set avrebbe potuto essere l'origine di un'impresa. Francesca ama l'Australia, ma sulla Rod Laver Arena non ha ottenuto chissà quali vittorie. Quella per cui è ricordata, le 4 ore 44 minuti contro Svetlana Kuznetsova nel 2011, era maturata sull'Hisense Arena. Francesca è sbarcata a Melbourne perché voleva esserci, perché il tennis le regala emozioni straordinarie, che vanno oltre il concetto di vittoria e sconfitta. Vincere è sempre meglio, ci mancherebbe, ma in carriera ha raccolto a sufficienza per non perdere il sorriso dopo la sconfitta. Anzi, ha nuovi obiettivi e non ha più scadenze. “L'anno scorso me ne ero messa una, ma mi sono resa conto che mi dava più dolori che altro. Mi sono guardata dentro, ho capito che amo giocare a tennis e che l'età è solo un numero, almeno fino a quando il fisico consente di andare avanti”. Le sue gambette nervose le permettono di proseguire, ma la palla non le viaggia più. Tatticamente ha impostato bene la partita, sapeva cosa fare per mettere in difficoltà la Ostapenko, ma le mancavano le armi. Il tempo non si può fermare. Si può affrontare, ma i segni di 20 anni nel tour si sentono. Specie quando la tua avversaria ne ha 17 di meno.