3 o 4 anni per esserci da protagonista

Matteo Berrettini ha già un livello superiore rispetto a quanto ha saputo mostrare con Fognini, tradito dall’emozione della prima volta agli Internazionali, e infatti è felice e fiducioso. Sa di essere ancora lontano da certi livelli, ma anche di trovarsi sulla strada giusta per raggiungerli. Il futuro prossimo del nostro tennis sarà (anche) lui.
ROMA - Altri, alla prima agli Internazionali d’Italia, hanno destato un’impressione migliore, ma non è che se il futuro non si è visto vuol dire che non ci sia. Anzi. Matteo Berrettini ha mostrato a più riprese di essere il nome caldo della NextGen italiana, e il 6-1 6-3 che ha aperto e chiuso in soli 70 minuti il suo esordio a Roma (e pure a livello ATP) non deve ingannare. La stoffa c’è, deve solo essere ricamata a dovere, in un percorso a lungo termine studiato insieme a coach Vincenzo Santopadre, per preservare un fisico da 193 centimetri che non sempre è un vantaggio. Sono sempre andati tappa per tappa, con calma, iniziando a giocare a livello “pro” piuttosto tardi, perché l’importante è arrivare pronti, non arrivare prima. E sin qui il percorso sta dando ragione a loro. La wild card romana, anche se conquistata col sudore delle pre-qualificazioni, è stata una sorta di premio per i grandi passi avanti compiuti nell’ultimo periodo, ma non è ancora il circuito ATP la dimensione del ventunenne romano, nato tennisticamente al circolo della Corte dei Conti e poi migrato al Circolo Canottieri Aniene. Fortunatamente lui lo sa benissimo, e ha la maturità giusta per tenere i piedi per terra. Si regalerà un’altra settimana nel Tour giocando le qualificazioni all’ATP 250 di Ginevra, ma poi tornerà a competere a livello Challenger, con meno pubblico, meno attenzione e anche meno pressioni, ma soprattutto la possibilità di crescere, imparare e costruire il gioco per tornare al Foro Italico dalla porta principale. “Mi sento ancora lontano da questi livelli – ha detto Berrettini in conferenza stampa – e gente come Fognini è molto più forte di me. Nel primo set sembravamo proprio di due galassie differenti, ho avuto una partenza molto difficile, mentre nel secondo sono riuscito a stargli più vicino. Ho cercato di godermi l’esperienza, di essere solido, e di andare avanti, punto dopo punto. Però c’è anche l’avversario, le emozioni, gli errori. Ho fatto davvero fatica a tenere il ritmo di Fognini. Ma era la mia prima volta in un palcoscenico così, e spero non resti l’ultima. Ho sentito il calore del pubblico, gli occhi della gente che mi guardava. È stato emozionante”.
ATTEGGIAMENTO SÌ, ROVESCIO NO
Berrettini è piaciuto: nella prima conferenza stampa della sua vita ha dato risposte interessanti e ragionate (il diploma di liceo scientifico statale non mente), e mostrato la giusta umiltà. Ricorda bene che due anni fa di questi tempi si godeva il primo ranking internazionale, e anche se la crescita fino al numero 250 ATP è stata repentina, la strada è ancora lunghissima. “Devo lavorare per far sì che il gap che mi separa da giocatori come Fognini diminuisca gradualmente, e nel giro di tre o quattro anni spero di essere competitivo a questi livelli, e magari partire direttamente dal tabellone principale senza wild card”. Come abbiamo già scritto nella cronaca dell’incontro, il primo aspetto al quale deve dedicare grande attenzione è il rovescio. Va migliorato tanto, l’ha detto anche Fognini (“con due fondamentali ottimi, se mette peso anche sul rovescio a questi livelli più giocare”) e specialmente sulla terra battuta si nota a occhio nudo. Magari non sempre quanto oggi, segno di una giornata non troppo brillante (“mi sentivo come in una bolla, la palla non faceva il rumore che piace a me”), ma qualche perplessità resta. Non ci sono dubbi, invece, sul genere di giocatore che dovrebbe diventare, e l’ha ribadito spingendo forte con la prima di servizio intorno ai 220 all’ora e cercando sempre di comandare col diritto. “Le mie caratteristiche non sono da giocatore d’attesa: nel bene o nel male voglio essere io a decidere l’andamento del punto”. Però non è solo uno da bum bum bum, sa usare (bene) anche la smorzata. “E il back, a volte ne abuso pure. Nel complesso credo di avere una buona mano”. E una buonissima attitudine in campo, saggiamente corretta in età giovanile: parlottava troppo e finiva per farsi del male da solo, invece oggi il suo atteggiamento è perfetto, ideale per un giocatore che già due anni e mezzo fa, ancora senza ranking ATP, non aveva paura a dire di ritenere alla propria portata l’obiettivo top-100. Ha ragione. E anche se ci vorrà tempo le premesse sono più interessanti di quanto abbia detto un 6-1 6-3 con ben poca storia.
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