La vita (del tennis) secondo Nick

L'INTERVISTA - A quasi 86 anni Nick Bollettieri è ancora in pista, con tanta energia, aggiornatissimo sulla situazione del tennis attuale. Ci ha raccontato i segreti della rinascita di Federer e Nadal, la crisi di Djokovic, l'evoluzione del nostro sport, il periodo grigio della WTA e la sua fiducia per il futuro dell'Italia. “Non guardate ai numeri uno: ho fatto cosa molto più preziosa”.
ROMA – Ci sono due modi per capire la grandezza di Nick Bollettieri. Il primo è leggere la scheda di sessant’anni di carriera, che ha visto passare dalle sue mani una lista di campioni così lunga che ci vorrebbero cinque righe solo per elencarli tutti. L’altro, invece, è osservarlo mentre se ne sta seduto a uno dei punti ristoro del Foro Italico, alla vigilia dell’inizio degli Internazionali d’Italia, dopo il suo intervento al Simposio per maestri. Si sta rilassando in compagnia di un suo collaboratore, dell’ambassador di IMG Italia Fiorella Bonfanti e di Umberto Rianna, che nei primi Anni ’90 ha lavorato per tre anni alla sua corte, nella celebre accademia di Bradenton (Florida). Ogni persona che lo nota si avvicina per chiedergli una foto o per scambiare quattro chiacchiere col personaggio simbolo del mondo dei coach, che ha origini italiane – i genitori erano di Ischia – e tre anni fa è stato introdotto nella mitica Hall of Fame. Il prossimo 31 luglio spegnerà 86 candeline, ma non molla un colpo e ha ancora la voglia di un ragazzino, tanto che prima di arrivare a Roma ha tenuto alcune clinic in dei club del nord Italia, scendendo in campo con i bambini.Perché continuo a lavorare? Perché ho otto mogli da mantenere, ha scherzato prima di correggere l’impugnatura di un bimbo di sei anni, con la stessa energia che metterebbe con uno dei tanti numeri uno aiutati a sfondare. È fatto così, in campo e fuori. Qualsiasi cosa faccia, in quel momento è la più importante del mondo. Anche un’intervista: non la prima, non la più importante e nemmeno l’ultima. Mentre inizia a parlare, gli altri al tavolo rumoreggiano. Lui, indispettito, chiede assoluto silenzio. È Nick Bollettieri.

Il tennis è in continua evoluzione. Come trova quello attuale?
“Nel tennis odierno è il diritto a fare il gioco. Se un giocatore è sprovvisto di un ottimo diritto diventa tutto molto più complicato. Però si ricomincia a vedere anche un po’ di serve&volley, e due armi molto importanti sono diventate la palla corta e, per le donne, lo schiaffo al volo. Il tennis è molto più fisico, rispetto ai tempi di Agassi e Chang, oggi fra i grandi giocatori solo Ferrer e Nishikori non raggiungono il metro e 80. E se un tennista non ha una buona seconda di servizio… bye bye”.

Nick Bollettieri vede tennis, a tempo pieno, da 60 anni. Ma chi guarda più volentieri?
“Dipende. Mi piace vedere Federer, perché è un giocatore a tutto campo. Mi piace vedere Nadal, perché dà sempre tutto ciò che ha. E mi piace vedere Djokovic, che non ha punti deboli. E anche Murray è cresciuto davvero molto. A livello femminile, invece, la situazione è un po’ più triste: Serena Williams è ferma e Maria Sharapova ha appena ripreso a giocare. La situazione è molto aperta, può davvero vincere chiunque. Ma anche gli uomini devono stare attenti, ci sono numerosi giovani forti, e tanti altri che stanno arrivando. Anche i big sanno di dover giocare ogni giorno al 100%, altrimenti possono perdere anche con giocatori intorno alla centesima posizione della classifica ATP”.

Come si spiega la rinascita di Federer?
“Ha apportato dei cambiamenti al suo gioco: ha scelto una racchetta dall’ovale più grande, ha fatto un passo dentro al campo, colpisce prima la palla e serve meglio di chiunque altro. E poi ha un gioco di piedi impressionante, e il suo rovescio è migliorato tantissimo”.

A 35 anni, dopo aver vinto tutto, come si fa a tornare grandi?
“Il segreto è che Roger si gode tutto ciò che fa. Ha una fondazione che aiuta i bambini meno fortunati, ha una bella famiglia con quattro figli, gioca a tennis. Ha una vita felice fuori dal campo, che rende tutto più facile dentro al campo. E poi c’è l’esperienza, che lo aiuta a capire quando deve giocare e quando è meglio risposarsi, e trascorrere del tempo con la famiglia. Tutte le scelte che ha preso sono corrette, i risultati parlano per lui. Sa esattamente cosa sta facendo”.
Si può dire che Federer è il più forte di tutti i tempi?
“Credo che nessuno lo possa dire. Si può dire solamente di una persona: Serena Williams. Federer invece è uno dei tre o quattro migliori di sempre, ma è molto difficile paragonare epoche diverse. Il circuito è diverso, le caratteristiche fisiche sono diverse, il gioco è diverso. Di certo fa parte del club dei migliori”.

Insieme a?
“Sampras, fantastico. Laver, magnifico. E anche Agassi: lo adoravo. Mi emozionava sempre”.

Federer può vincere anche il Roland Garros o sulla terra è tutto più complicato?
“La risposta la sa Nadal. Per Rafa vincere sul cemento è più difficile, ma la terra è la sua superficie. Diciamo che non gli scommetterei contro”.

Nel 2016 sono iniziati i problemi di Djokovic. Sembrava una crisi passeggerà, invece è trascorso quasi un anno. Come si spiega il suo calo di rendimento?
“Ritengo che nella storia del tennis Djokovic sia il tennista più completo in assoluto. Non ha punti deboli. Ma a volte ciò che accade fuori dal campo può ripercuotersi anche su quello che accade dentro. Ora sta cercando un nuovo allenatore, uno che conosca ciò che succede nei momenti importanti. Credo comunque che il suo 2017 possa diventare un buon anno. Ha solo bisogno della persona giusta: non uno che modifichi il suo gioco, ma uno che possa aiutare a capire e analizzare ciò che sta succedendo”.

Chi sarà il prossimo a vincere per la prima volta un torneo del Grande Slam?
“C’è Thiem, c’è Zverev, c’è Dimitrov, ci sono una decina di giovani che hanno la possibilità di farcela. Anche negli Stati Uniti, per la prima volta dopo una dozzina d’anni, abbiamo un bel gruppo di ragazzi di talento. Ma non dimentichiamoci che tutti questi si troveranno davanti Djokovic, Murray, Nishikori e tanti altri. Per vincere uno Slam bisogna batterli tutti, o almeno due o tre”.

Una volta i giovani esplodevano prima, come mai?
“Si torna al discorso del fisico. Per arrivare in alto bisogna essere preparatissimi, c’è bisogno di una lunga formazione. Credo che non vedremo più giovani vincere degli Slam a 17 o 18 anni, come Maria Sharapova o Boris Becker”.
A proposito di Sharapova: è tornata da poco dopo il lungo stop. Che idea si è fatto sulla sua vicenda?
“Maria è una ragazza favolosa. Ha infranto le regole e ha affrontato il problema, alla luce del sole. È venuta ad allenarsi a Bradenton circa un mese fa, abbiamo chiacchierato un po’, e quando ha saputo che mi trovavo in Italia mi ha chiesto di essere presente a Roma per assistere al suo primo incontro agli Internazionali. Siamo molto fortunati a riaverla: in questo momento storico il Tour femminile ha bisogno di una giocatrice come lei”.

Anche perché Serena potrebbe non tornare più…
“Lei è inarrestabile, ma dopo la nascita del bambino bisognerà capire se fisicamente sarà ancora in grado di muoversi come prima. Il suo tennis è fondato su un principio: arrivare sulla palla nella posizione ideale per colpire il più forte possibile. Se non trova quella posizione diventa difficile. E poi non è più la più giovane del gruppo. Però oggi si può giocare più a lungo. Guardate il mio Tommy Haas: 39 anni, varie operazioni chirurgiche, una carriera già avviata come direttore del BNP Paribas Open di Indian Wells, eppure è ancora qui e continua a voler fare il tennista. È una grande fonte d’ispirazione: mai mollare”.

Fra le donne, chi può approfittare di questo periodo privo di stelle?
“Credo che nessuna ce la farà fino in fondo. Le tre migliori mi sembrano Halep, Kerber e Muguruza, ma ce ne sono altre che stanno arrivando. A livello femminile può succedere di tutto”.

Il miglior giocatore italiano è Fognini: ha grandi mezzi, ma non sfonda. Come mai?
“Il talento non è abbastanza per essere i migliori. Ma lui ha davvero grandi qualità. Ho visto il suo incontro con Nadal a Madrid, ha giocato alla grande. Ha i colpi giusti, si muove benissimo. Dipende solamente da lui”.

Viste le sue origini italiane, non le dispiace che il nostro paese non abbia un top-10 dai tempi di Panatta e Barazzutti?
“Credo che Michelangelo Dell’Edera stia facendo un grande lavoro. Ci vorranno ancora tre o quattro anni, come negli Stati Uniti, ma non vedo come l’aiuto che sta dando e le energie che sta impiegando per cercare i nuovi talenti del tennis italiano non possano pagare, portando all’Italia grandi giocatori. Ma attenzione a Fognini: non credo sia finito. Può fare ancora grandi cose”.

E Bollettieri? Come la trova, alla sua età, la voglia di girare ancora per il mondo per insegnare a giocare a tennis?
“La risposta è una sola: mi diverto. Mi piace tantissimo aiutare le persone. Nulla mi dà soddisfazione come vedere un bambino che mi ringrazia, sorridendo. Io e mia moglie abbiamo appena adottato due bimbi etiopi, per provare a offrire loro delle opportunità di vita migliori. Aiutando dei bambini non si cambia solamente la loro vita, ma anche quella dei loro futuri figli, quindi dei loro futuri nipoti, e via dicendo. Alla lunga si riesce a creare delle generazioni migliori. Tutti ricordano sempre i tanti futuri numeri uno del mondo che hanno lavorato con me, ma io credo che la cosa più importante fatta nella mia vita sia stato avere un impatto importante nella vita di tanti ragazzi, aiutandoli a costruirsi un futuro felice".

"E ora, per favore, un buon cappuccino”.

E se il segreto fosse proprio quello?
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