Le lacrime amare di Jana Novotna

Jana Novotna, nel 1993, sfiora il titolo ai Championships. Avanti 4-1 40-30 nel terzo set, commette il doppio fallo che fa rientrare in partita Steffi Graf. La vittoria della tedesca farà da sfondo alle lacrime che Jana verserà sulle spalle della Duchessa di Kent... di GIORGIO GIOSUÈ PERRI

Le lacrime amare di jana novotna

di Giorgio Giosuè Perri - foto Getty Images

 

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Nello sport, come nella vita, ogni singolo momento è scandito da decisioni più o meno importanti. Ogni scelta comporta sempre una conseguenza, così come ad ogni azione corrisponde sempre una reazione. E sul centrale di Wimbledon, durante una finale contro Steffi Graf, tutti i particolari assumono un’importanza straordinaria. Jana Novotna lo sa. Sa che è ad un passo dalla conquista del titolo più importante della sua carriera, sa perfettamente che il traguardo è vicino, sa anche che deve prendere tante decisione in un lasso di tempo brevissimo.

 

E’ un doppio fallo, in quel meschino pomeriggio di luglio del 1993, a far crollare tutti i muri costruiti con tanta dedizione dalla ceca. E’ un doppio fallo, probabilmente il più famoso di sempre, a regalare alla numero uno del mondo il quinto successo sui prati più verdi del mondo. Le lacrime versate a fine partita sulla spalla della Duchessa di Kent raccontano molto di più. Sono le lacrime di una giocatrice che è stata a cinque punti dal vincere, le lacrime di una giocatrice che ha chiuso l’incontro con quattro punti in più, le lacrime di una donna fragile  e affamata.

 

In quella che si prospetta come una partita destinata a fare storia, Jana Novotna e Steffi Graf condividono tutto e non condividono niente. Hanno due storie diverse, due carriere diverse. Diverso è il modo di approcciarsi ad una finale Slam, diverso il modo di reagire ai problemi, ma l’obiettivo è comune: vincere. La Novotna si presenta all’ultimo atto dei Championships in maniera trionfale: ai quarti si sbarazza rapidamente di Gabriela Sabatini vendicando la sconfitta dell’anno precedente al Roland Garros, poi ritrova Martina Navratilova e per la prima volta in tutto il torneo mette piede sul Centrale. Le cinque sconfitte consecutive subite a cavallo tra il 1989 e il maggio del 1993 sembrano non fare testo, lo si capisce dai primi scambi. La Navratilova è a caccia della prima finale dal 1990, in quello che è il suo Regno, ma ben presto deve cedere e il 6-4 6-4 che ne consegue è limpido, brillante, puro. Dall’altra parte c’è la numero uno del mondo, già vincitrice del Roland Garros e nuovamente Regina dopo l’uscita di scena di Monica Seles. Le due partite che le consentono di arrivare in finale, comunque, non sono proprio due passeggiate. Ai quarti di finale deve annullare due set point a Jennifer Capriati prima di imporsi al tie break e chiudere 6-1 la seconda frazione. Contro Conchita Martinez, appena due giorni dopo, il copione è simile: non è costretta ad annullare set point, ma a rimontare da 1-4 30-40 prima di chiudere 7-6 6-3.

 

Il piano è semplice, secondo il coach Hana Manlikova: servire sul dritto della Graf. Servire sul dritto della Graf e mantenere una percentuale di prime palle in campo piuttosto alta per impedire alla tedesca di mettere i piedi in campo sin dalla risposta e avere il pallino del gioco. La tattica è azzardata, rischiosa, ma per gran parte dell’incontro paga. In un vortice di emozioni e di capovolgimenti, la Novotna parte meglio, ottenendo immediatamente il break, ma subisce il violento rientro dell’avversaria che grazie ad un nastro piuttosto fortunoso non subisce il secondo break e, anzi, recupera lo svantaggio e mette la freccia. Una chiamata dubbia impedisce alla tedesca di andare sul 40-0 e la Novotna con quattro punti consecutivi si rimette in carreggiata. Al tie break è 8-6 per la tedesca, che chiude la pratica con uno splendido passante lungolinea. Il secondo set, al contrario, nemmeno si gioca.

 

La partita cambia rapidamente, la Novotna cancella il set perso e con straordinaria tenacia rimette in discussione la partita. Due break di fila per aprire il parziale, il 5-0, poi il 6-1. Il piano funziona davvero, le traiettorie estremamente angolate danno fastidio ad una Graf che perde il bandolo della matassa e che anche nel terzo set fatica a tenere gli scambi da fondo campo. La ceca va avanti 4-1, ma sul 40-30 commette un doppio fallo sanguinoso. Ancora oggi, Jana, continua a sostenere che quell’errore non ha assolutamente cambiato il corso della partita: mente.

 

La Graf, recuperate le energie mentali e fisiche, sfrutta in maniera perfetta tutte le difficoltà dell’avversaria e rapidamente si immola verso il successo. Quasi in maniera surreale vince per la quinta volta a Wimbledon e nuovamente lo fa dopo aver trionfato anche sui campi di Bois de Boulogne. E’ storia.

 

Sono le lacrime della Novotna durante la premiazione a dare un tocco estremamente crudele alla faccenda. Il delicato confine tra lo sport e la vita tocca anche la Duchessa di Kent, che accoglie a braccia aperte la sconfitta e la consola: “Secondo me, questo torneo lo vincerai.” Esattamente cinque anni dopo la profezia si sarebbe realizzata e Jana, quelle lacrime, le avrebbe trasformate: non sarebbero più state lacrime di dolore, sarebbero state lacrime di gioia. 

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