Il tennis italiano non ha grandi esempi di figli d'arte, almeno fino a quando non crescerà Federico Fognini, figlio di Fabio e di Flavia Pennetta. Ma prima di lui potrebbe esserci Julian Ocleppo: papà Gianni è stato un ottimo giocatore negli anni 70 e 80, numero 30 del mondo e più forte italiano alle spalle dei Quattro Moschettieri Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli. Vent'anni ad agosto, numero 600 ATP, è tra i ragazzi su cui la FIT punta e investe in misura maggiore. Sul piano tecnico è molto forte, ma è ancora un po' immaturo. A Padova è stato squalificato, “ma il tennis è bello perché ti offre sempre una seconda chance”. Alla scoperta del ragazzo che ha fatto un percorso inverso rispetto a molti tennisti: nato a Monte Carlo, si è trasferito in provincia di Cuneo.
Sei figlio di un ex giocatore e di una ex modella. Ripensando alla tua infanzia, la prima immagine che ti viene in mente?
Sono sempre rimasto con la mia famiglia, non ho mai fatto niente di stravagante. Per un periodo ho vissuto a Monte Carlo con mia mamma e mio fratello, perché mio padre lavorava e viveva in Italia. Insieme a lui, ho mosso i primi passi sul campo da tennis. Ho vissuto un'infanzia tranquilla e non concentrata sul tennis, come molti potrebbero pensare. Mi sono dedicato a tante cose: karate, calcio per un po' di anni...
Attualmente dove vivi?
Mi sono trasferito in Piemonte con mio papà. Inizialmente a Canale, cittadina in provincia di Cuneo. Dopodiché ci siamo spostati ad Alba per ragioni di comodità. In questo momento risiedo ancora con lui e mio fratello.
Gianni Ocleppo è un personaggio vivace, simpatico, ama scherzare. Parlando di te, dice che sei un po' più riservato. Hai preso qualcosa da lui?
Credo di assomigliare di più a mia madre. In effetti abbiamo un carattere un po' diverso, sono più timido di lui. Abbiamo un normale rapporto tra padre e figlio: tra le cose che ci accomunano, il tennis è al primo posto.
Ti sei mai domandato come sarebbe stata la tua carriera se fossi nato in una famiglia diversa, magari con meno possibilità e un padre senza un passato da tennista?
Probabilmente non avrei giocato a tennis: fu lui a portarmi per la prima volta su un campo. Mia madre non ha seguito più di tanto questo aspetto. Onestamente non so cosa avrei fatto...non mi sono mai posto il problema.
Eri bravino anche a giocare a calcio, però alla fine hai scelto il tennis. Perché questa scelta? Non hai mai pensato che potesse essere rischioso seguire le orme tuo padre, con i paragoni che inevitabilmente arriveranno?
Accade già oggi. Sarà sempre così, è normale. Sono fiero della sua carriera e di come lo ricordano, però siamo persone diverse: io sarò contento allo stesso modo se dovessi diventare top-20, o magari fermarmi al numero 200. L'importante sarà dare il massimo. Ho scelto il tennis perché mi ero reso conto di avere più chance con la racchetta che con il pallone. Da ragazzino non ero tra i più forti della mia età, né in Italia, né in campo internazionale. Oggi non sento di aver raggiunto i miei coetanei, ma credo che le cose vadano meglio. Devo andare avanti così, sono contento degli ultimi risultati. Ho bisogno di trovare la giusta continuità, sia dentro che fuori dal campo.
Secondo tuo padre sei ancora un po' immaturo. Dice che sotto certi aspetti ti comporti ancora come un quindicenne. E' vero? Il tuo salto di qualità passerà da una crescita di tipo mentale?
Ha ragione. In campo me la cavo, specie sul piano tecnico. Tatticamente sono un po' disordinato, cerco ancora di eccedere, ma il mio limite principale è la parte mentale. Sono ancora un po' immaturo e so di esserlo. Sto cercando di migliorare: per me è difficilissimo, me ne rendo conto, ma ognuno è diverso. Dobbiamo cercare di minimizzare i nostri difetti.
Hai riconosciuto di aver commesso qualche errore. Il primo che ti viene in mente?
Non ci sono episodi specifici, ma beato chi non rimpiange il passato: potessi tornare indietro, cercherei di fare le cose un po' meglio e cambiare qualche particolare della mia vita.
Come mai hai scelto di allenarti a Bra?
Conoscevo l'ambiente e Massimo Puci già da tempo. Già prima che arrivasse Matteo Donati mi appoggiavo alla struttura, diciamo 3-4 volte a settimana, insieme a Massimo e a Matteo Gualdi. L'ambiente è buono, poi c'è la possibilità di tornare a casa ogni giorno. Ci sono campi in tutte le superfici: cemento, sintetico, terra battuta, una pista d'atletica coperta di 80 metri...è una buonissima struttura. E poi è a due passi da casa: un innegabile vantaggio logistico.
Il pregio principale di Massimo Puci?
E' una persona positiva, cerca di motivare tutti i ragazzi del team. Penso che sia un ottimo allenatore e lo ha già dimostrato portando Andrey Golubev al numero 33. Sta facendo buone cose anche con Donati: ora non sta giocando benissimo, ma spero che possa ritrovare il livello raggiunto un paio d'anni fa.