“Sapevamo, io, il presidente e i miei sostituti, che la riforma avrebbe incontrato resistenze procurandoci molti nemici. Ma qui c’è un muro che si oppone a ogni cambiamento: la giustizia è e deve restare cosa delle federazioni e nessuno super partes deve poter metterci il naso. Ho passato la vita a lottare cercando di fare giustizia e seguendo casi difficilissimi, ora mi rendo conto nello sport l’impresa è superiore alle mie forze”
A pronunciare queste parole, durissime, è Enrico Cataldi, ormai ex super procuratore del CONI. Se fare un salto sul sito del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, trovate ancora il suo nome a capo della Procura Generale, principale organo inquirente dello sport italiano. Non lo è più da un paio di giorni: ha presentato dimissioni irrevocabili. Il presidente Giovanni Malagò le ha provate tutte per farlo tornare sui suoi passi, ma non c'è stato nulla da fare. La sua nomina a Procuratore Generale fu una delle principali novità della presidenza di Malagò: il numero 1 dello sport italiano puntava a rivoluzionare una Giustizia Sportiva un po' accartocciata su se stessa, troppo dipendente dalle singole federazioni. L'arrivo di un elemento di sicura autorevolezza, in effetti, ha mosso le acque in diversi casi che altrimenti non sarebbero mai arrivati a sentenza (sebbene già affrontati dalla Giustizia Ordinaria). Faccende delicate, riguardanti anche reati odiosi come le molestie sessuali. Come è normale, non sempre a Cataldi è andata bene. Per esempio, ha incassato un paio di sconfitte proprio in casi legati al tennis: nulla ha potuto contro l'estinzione del reato disciplinare di Marco Cecchinato, che un paio d'anni fa è stato graziato dal Collegio di Garanzia CONI (Cataldi aveva firmato il ricorso congiunto delle procure). Inoltre, aveva rappresentato la Procura Generale quando il caso Bracciali-Starace arrivò al Collegio di Garanzia CONI: si decise di rimandare il caso al secondo grado di giudizio, che avrebbe confermato l'assoluzione per Starace e la quasi assoluzione per Bracciali (l'aretino fu condannato a 12 mesi per la sola violazione dell'articolo 1, mentre fu scagionato dalle accuse di illecito). A parte le vicende che gli hanno fatto incrociare il mondo del tennis, la figura di Cataldi era una garanzia assoluta nella tutela del principio di terzietà dei giudici. Invece, secondo le sue durissime parole, la Giustizia Sportiva continua ad essere una “cosa delle federazioni e nessuno super partes deve metterci il naso”. In effetti, lo sport italiano è vittima di un problema che per adesso non è ancora stato estirpato: i Consigli Federali delle varie federazioni hanno facoltà di nominare gli organi di tutti i membri degli organi di giustizia: Procuratori (quelli chiamati a indagare), nonché Tribunali Federali e Corti Federali di Appello (quelli chiamati a giudicare).