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La speranza verde di David Ferrer

Escluso dalle teste di serie di uno Slam dopo dodici anni, David Ferrer diventa uno dei primi protagonisti di Wimbledon. Lo spagnolo, scivolato al numero 39 del ranking ATP, supera in quattro set Richard Gasquet in uno dei big match del primo turno, tornando a battere un avversario meglio classificato di lui dopo due anni e mezzo.
Ci sono tanti modi per riassumere la crisi di David Ferrer. Nel giro di un anno e mezzo il 35enne di Javea è passato da garanzia a delusione costante, perdendo un sacco di match che un tempo avrebbe stravinto e trovandosi settimana dopo settimana sempre più lontano dal vertice. La classifica ATP è così, se i risultati non arrivano non guarda in faccia a nessuno: lo spagnolo ha chiuso il 2016 fuori dai primi venti del mondo dopo dodici anni, e si è presentato a Wimbledon da numero 39, escluso dalle teste di serie di uno Slam per la prima volta dall’Austalian Open del 2005. Aggiungici un terribile bilancio stagionale di 8 vittorie e 13 sconfitte, e uno dei due primi turni fra ex top-10 (l’altro è stato Verdasco-Anderson) contro un Richard Gasquet capace di sfiorare la finale sia a Halle sia a Eastbourne, e la valigia di “Ferru” sembrava già pronta per essere riempita di nuovo, destinazione tornei europei sulla terra battuta. Invece eccola lì, quando meno te l’aspetti, una vittoria di spessore, la prima contro un giocatore meglio classificato di lui dal febbraio del 2015. Prima o poi doveva succedere, visto che più la classifica dello spagnolo scende e più il risultato diventa possibile, ma quello contro Gasquet è un successo che vale tanto, per il contesto e l’ottimo feeling con l’erba di un avversario che ai Championships vanta due semifinali, fra 2007 e 2015. Gasquet ha commesso il solito vecchio errore di piazzare i piedi troppo lontano dalla linea di fondo, lo spagnolo non si è fatto pregare per prendere in mano il pallino del gioco e aiutato da un erba che Dustin Brown ha definito “più lenta della terra del Roland Garros” l’ha spuntata per 6-3 6-4 5-7 6-2, chiudendo al quarto match-point e portando a cinque il numero di teste di serie eliminate al primo turno.
La possibilità di tornare a perdere al primo turno di uno Slam, come non gli accade dal 2005, stavolta era veramente dietro l’angolo. Ma “Ferru” si è ricordato del 10-3 nei precedenti con Gasquet e anche di saper giocare bene pure sull’erba, che gli ha dato 2 due suoi 26 titoli ATP e anche due quarti Slam, e ha allontanato il rischio almeno fino allo Us Open. Nel 2016 Wimbledon era stato uno dei punti più bassi dell’annata dello spagnolo, preso a pallate al secondo turno dallo specialista Nicolas Mahut, mentre stavolta più diventare l’occasione per respirare di nuovo quelle emozioni che da un giorno all’altro sono rimaste chiuse fuori dalla sua carriera. Aveva terminato il 2015 con cinque titoli, secondo miglior bottino di sempre dopo i sei di tre anni prima, ma poi non ha più raggiunto nemmeno una finale. Lo scorso dicembre aveva analizzato (bene) le sua difficoltà in una bella intervista col quotidiano El Pais, parlando di un “vuoto” entrato di colpo nella sua carriera. Gli è capitato di non sentirsi più all’altezza e di perdere quello spirito combattivo che l’ha reso un campione in una epoche ricca di star come poche altre. Aveva spiegato di aver risolto la situazione e di essere pronto a ripartire con grandi ambizioni, invece gli appena otto incontri vinti nei primi sei mesi dell’anno gli hanno dato torto, ma di mollare non ci ha pensato un secondo. Al Roland Garros è tornato a impugnare la vecchia e amata racchetta Prince, dipinta di nero a causa del contratto con Babolat (un po’ come accadde a Roberta Vinci l’anno della finale a New York), segno che prima di dire addio al tennis le vuole provare tutte. E finalmente è tornato a prendersi una bella soddisfazione, ereditando anche un tabellone interessante. Perfetto per dimostrare che anche se in alto ci è arrivato senza fare rumore, non ha intenzione di andarsene allo stesso modo.
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