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Marco Caldara
19 January 2017

Mirjana Lucic-Baroni, 19 anni dopo

Fra i volti dell'Australian Open 2017 spunta quello della veterana croata, che a Melbourne non vinceva una partita dallo scorso millennio, quando era una ragazzina maltrattata dal padre-padrone. Quasi vent'anni più tardi ha battuto la Wang all’esordio, e oggi ha preso a pallate Agnieszka Radwanska, numero 3 del mondo.
Chissà se Mirjana Lucic-Baroni sarà più triste, perché la vittoria di Istomin contro Djokovic ha oscurato il suo splendido successo contro Agnieszka Radwanska, o più felice, perché l’attenzione dei media è volata tutta alla clamorosa impresa dell’uzbeco, permettendole di schivare le domande sul suo passato. Nel 2014 lo tirarono in ballo allo Us Open, dopo che dominò Simona Halep, e lei scoppiò a piangere come una bambina, la bambina che era quando il padre-padrone Marinko la picchiava, sfogando la propria frustrazione nella maniera più deplorevole. Finì per scappare in America a 16 anni, ed è lì che ha preso forma la carriera e la vita di una delle giocatrici più sfortunate del circuito, ancora in campo a quasi 35 anni. Classe 1982, vuole provare a riprendersi un po’ di ciò che le è stato tolto, dalle violenze del padre ma anche da alcuni infortuni e da una causa con la IMG che le ha asciugato il conto in banca. L’accusavano di rovinarsi la carriera con i farmaci, così l’hanno lasciata a piedi e per una manciata d’anni è rimasta senza nemmeno i soldi per poter giocare a tennis, sparendo dal circuito. Fortunatamente, oggi tutto questo fa parte del passato. Insieme a tanta tenacia, la sua fortuna è stata conoscere Massimo Baroni, imprenditore italo-americano proprietario di un ristorante a Sarasota (Florida), e diventato suo marito nel 2011. È tornata a giocare ripartendo dei tornei ITF, è rientrata fra le prime 100 del mondo e nel 2014 a Quebec City ha stabilito il record di maggior tempo fra un titolo WTA e il successivo, ben sedici anni (da Bol 1998). Ma a Melbourne ha fatto ancora meglio grazie al successo all’esordio contro la cinese Qiang Wang: la sua ultima vittoria all’Australian Open risaliva addirittura a diciannove anni prima.
“SO DI POTER BATTERE CHIUNQUE”
Anche quel successo si trova tornando indietro fino al millennio scorso, nel 1998, quando i campi erano verdi e lei doveva ancora compiere 16 anni, e pure scappare dal padre insieme a mamma e fratelli. Lo fecero di notte, a luglio, vivendo una ventina di giorni come dei latitanti con l’aiuto – leggenda narra – anche di Goran Ivanisevic. Finirono su giornali e telegiornali, prima di riuscire a prendere un volo per gli States. Sei mesi prima, aveva raggiunto il secondo turno in Australia battendo Renae Stubbs, e perdendo poi da Iva Majoli. Di quel tabellone sono rimaste in tre: lei e – manco a dirlo – Serena e Venus Williams, rispettivamente di un anno e due più anziane. Più l’allora vincitrice Martina Hinghis, passata in mezzo a due ritiri ma ancora in attività, seppur solo in doppio. L’anno dopo la Lucic sarebbe arrivata in semifinale a Wimbledon, ma di vittorie a Melbourne mai più neanche l’ombra. È mancata dal 2000 al 2011, e nelle ultime cinque apparizioni aveva raccolto altrettante sconfitte. Ma dopo aver rimontato un set all’esordio ha messo il turbo, prendendo a pallate la Radwanska sulla Margaret Court Arena. Dice tutto il punteggio: 6-3 6-2. In 62 minuti la croata ha sparato 33 colpi vincenti, oltre il quadruplo rispetto alla polacca, polverizzando di prepotenza le oltre 70 posizioni di differenza nel ranking. “So di poter battere chiunque – ha detto con sicurezza a fine match – perché il mio tennis potente fa male a tante giocatrici. Sapevo come giocare contro di lei, ma tra dirlo e farlo c’è una bella differenza. Per fortuna, stasera ci sono riuscita alla perfezione. Sono entusiasta”. Lo sarà ancor di più dopo aver scoperto che la chance di raggiungere per la terza volta la seconda settimana in un Major non se la giocherà contro Alizè Cornet, ma contro la greca Maria Sakkari, numero 94 WTA. Coi 35 anni in arrivo, certe occasioni è meglio non mancarle.
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