Marco Caldara
27 September 2017

Un italiano dietro ai muscoli di Djokovic

Marco Panichi, 53 anni e oltre venti d’esperienza nel mondo del tennis, è il nuovo preparatore atletico di Novak Djokovic. I due lavorano insieme da un paio di mesi, e stanno gettando le basi per il grande ritorno del serbo nel 2018. “Novak – ci svela il trainer romano – è un ragazzo stupendo, che ha un’intelligenza superiore alla media e vuole conoscere nel dettaglio tutto ciò che facciamo. Una sfida affascinante”.
La scelta di dire addio al 2017 è dovuta al problema al gomito che non gli dava tregua, ma se un giocatore del calibro di Novak Djokovic arriva a chiudere la stagione con mesi d’anticipo vuol dire che ha in mente qualcosa di importante. Non ne poteva più di accontentarsi di risultati qualsiasi, così ha staccato la spina e si è preso quasi metà anno per ricaricare le batterie fisiche e mentali, per dedicare tempo alla famiglia e alle attività extra tennis, e per progettare il grande ritorno nel circuito. Uno dei passaggi fondamentali era quello di mettere di nuovo ordine nel suo team, dopo il taglio drastico della scorsa primavera, che l’aveva visto dire addio in un colpo solo a coach, preparatore atletico e fisioterapista. Cercava una svolta che non c’è stata, ma non è detto che non possa arrivare nel 2018, quando (si spera) il gomito sarà guarito.
La bella notizia è che per riuscirci il trentenne di Belgrado ha chiesto aiuto anche a un italiano, Marco Panichi, integrato nel team come nuovo preparatore atletico. Un nome tutt’altro che nuovo agli appassionati, visto che il 53enne romano ha un’esperienza nel tennis più che ventennale. Nel 2017 si stava dedicando – a settimane – a Simone Bolelli e Alessandro Giannessi, ma la chiamata di Djokovic era troppo importante per dire di no. Panichi ha preso il posto dell’austriaco Gebhard Phil-Gritsch, con Djokovic dall’aprile del 2009 all’aprile di quest’anno. Un compito stimolante, e un riconoscimento per i tanti risultati ottenuti in carriera, sia a fianco di singoli atleti (Kuznetsova, Knapp e Bolelli, per citarne tre) sia al servizio di alcune delle Federazioni più importanti del mondo, tedesca e cinese le ultime due. Raggiunto telefonicamente in Francia, Panichi ci ha raccontato i dettagli dei primi due mesi di collaborazione.

Come è nato il contatto con Djokovic?
«Il suo management mi ha avvicinato durante il torneo di Monte Carlo, dove ero al seguito di Bolelli e Giannessi. Volevano capire quale fosse la mia situazione e se da parte mia ci fosse la disponibilità per iniziare un percorso insieme. Al tempo, io non sapevo neanche che Novak avesse chiuso la collaborazione col suo vecchio staff (infatti l’annuncio sarebbe arrivato solo successivamente, segno che prima hanno voluto sondare il territorio per individuare gli eventuali sostituti, ndr). Poi ne abbiamo parlato di nuovo al Roland Garros e da un paio di mesi stiamo lavorando insieme, con base a Monte Carlo. Novak è stato chiaro fin da subito: desidera l’esclusività e un impegno costante, lo stesso che lui mette in tutto ciò che fa».

Come si lavora con un giocatore infortunato?
«Stiamo lavorando su aspetti abbastanza distanti dal modello prestativo (gli esercizi finalizzati al miglior rendimento in campo, ndr). Stiamo eseguendo dei lavori aerobici, e tutte quelle esercitazioni che, pur riguardando la parte superiore del corpo, non vanno a inficiare il naturale recupero del problema al gomito. Abbiamo ancora tre mesi di tempo, visto che il programma è di rientrare all’inizio del 2018, quindi possiamo permetterci di fare le cose con molta calma».

Che Djokovic ha trovato?
«Umanamente è un ragazzo eccezionale, con un’intelligenza superiore alla media. Io lo chiamo ‘mister perché’, perché vuole essere informato sulla ragione di ogni esercizio che andiamo a fare, vuole sapere, vuole capire. È molto curioso, fa domande molto inerenti e ha una grande conoscenza anche del corpo umano. In più sta usando questo periodo per godersi la famiglia e l’arrivo della sua seconda figlia, e anche per dedicare alla sua fondazione e ad altri impegni del tempo che nella sua carriera non ha mai avuto. È super impegnato, ha tanti progetti anche in Serbia, e sta dando molta importanza a tutto. Ma sempre tenendo sotto controllo gli allenamenti. Per esempio, doveva andare tre giorni a New York per un impegno di beneficenza e ha voluto che andassi insieme a lui, così da non sospendere gli allenamenti».
Marco Panichi con Philipp Kohlschreiber. Il prepatatore romano ha lavorato anche per la Federtennis tedesca
La prospettiva di lavorare con Andre Agassi non sembra delle peggiori.
«Si stratta di uno degli aspetti più stimolanti di questo progetto. Anche se devo dire che nella mia carriera ho avuto la fortuna di lavorare con tanti personaggi di spessore. Magari meno conosciuti di un fenomeno come lui, ma comunque importantissimi nella mia crescita professionale».

Djokovic è considerato da anni il tennista più preparato atleticamente. Una sfida affascinante, ma anche indisiosa per chi si deve occupare dei suoi muscoli…
«Dal mio punto di vista la vedo come un’altra occasione per imparare tantissimo. Cercando di entrare il più possibile nelle dinamiche dell’attività di un campione come lui. Quando si ha a che fare con giocatori del suo calibro non è che ci sia chissà cosa da migliorare. Si lavora su piccole percentuali, cercando di mettere ogni tassello al posto giusto in modo che tutta la macchina si muova come si deve. Le insidie ci sono, ma fanno parte del gioco».

Come si fa a renderlo di nuovo imbattibile?
«È una grande scommessa. Novak sta cambiando anche come persona, e sta diventando adulto, nel senso che nella sua vita non c’è più solo il tennis, ma sono entrate altre cose, a partire dalla famiglia, i figli e quant’altro. Dobbiamo riuscire a trasformare un po’ il “progetto Djokovic”. Diciamo che sarà importante imparare a gestire bene le energie, malgrado gli impegni anche fuori dal campo si siano moltiplicati. Ora bisogna prendere confidenza con queste situazioni. È una delle fasi più delicate nella vita di un giocatore, ma è un passaggio dovuto. Capita a tutti».

La scelta di Panichi come uomo che si prenderà cura dei suoi muscoli rafforza ancor di più il rapporto del campione serbo con l’Italia, alla quale ha più volte dichiarato amore. Oltre ad averci conosciuto (a Milano) la futura moglie Jelena, tra i 17 e 18 anni l’ex numero uno del mondo si è allenato con Riccardo Piatti, e da anni ha affidato la gestione dell’aspetto manageriale a Edoardo “Dodo” Artaldi e alla compagna Elena Cappellaro. Oltre all’innesto di Panichi, Djokovic ha confermato ai media serbi l’ingresso ufficiale nel team del fisioterapista argentino Ulises Badio, che già l’aveva seguito per qualche settimana nel 2017. Confermati per la prossima stagione anche Andre Agassi e Pepe Imaz, mentre Mario Ancic – che l’aveva accompagnato a Wimbledon – ha dovuto rinunciare per altri impegni professionali extra-tennis. Resta ancora vacante, invece, la posizione di head coach, occupata per anni da Marjan Vajda.
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