La bella notizia è che per riuscirci il trentenne di Belgrado ha chiesto aiuto anche a un italiano, Marco Panichi, integrato nel team come nuovo preparatore atletico. Un nome tutt’altro che nuovo agli appassionati, visto che il 53enne romano ha un’esperienza nel tennis più che ventennale. Nel 2017 si stava dedicando – a settimane – a Simone Bolelli e Alessandro Giannessi, ma la chiamata di Djokovic era troppo importante per dire di no. Panichi ha preso il posto dell’austriaco Gebhard Phil-Gritsch, con Djokovic dall’aprile del 2009 all’aprile di quest’anno. Un compito stimolante, e un riconoscimento per i tanti risultati ottenuti in carriera, sia a fianco di singoli atleti (Kuznetsova, Knapp e Bolelli, per citarne tre) sia al servizio di alcune delle Federazioni più importanti del mondo, tedesca e cinese le ultime due. Raggiunto telefonicamente in Francia, Panichi ci ha raccontato i dettagli dei primi due mesi di collaborazione.
Come è nato il contatto con Djokovic?
«Il suo management mi ha avvicinato durante il torneo di Monte Carlo, dove ero al seguito di Bolelli e Giannessi. Volevano capire quale fosse la mia situazione e se da parte mia ci fosse la disponibilità per iniziare un percorso insieme. Al tempo, io non sapevo neanche che Novak avesse chiuso la collaborazione col suo vecchio staff (infatti l’annuncio sarebbe arrivato solo successivamente, segno che prima hanno voluto sondare il territorio per individuare gli eventuali sostituti, ndr). Poi ne abbiamo parlato di nuovo al Roland Garros e da un paio di mesi stiamo lavorando insieme, con base a Monte Carlo. Novak è stato chiaro fin da subito: desidera l’esclusività e un impegno costante, lo stesso che lui mette in tutto ciò che fa».
Come si lavora con un giocatore infortunato?
«Stiamo lavorando su aspetti abbastanza distanti dal modello prestativo (gli esercizi finalizzati al miglior rendimento in campo, ndr). Stiamo eseguendo dei lavori aerobici, e tutte quelle esercitazioni che, pur riguardando la parte superiore del corpo, non vanno a inficiare il naturale recupero del problema al gomito. Abbiamo ancora tre mesi di tempo, visto che il programma è di rientrare all’inizio del 2018, quindi possiamo permetterci di fare le cose con molta calma».
Che Djokovic ha trovato?
«Umanamente è un ragazzo eccezionale, con un’intelligenza superiore alla media. Io lo chiamo ‘mister perché’, perché vuole essere informato sulla ragione di ogni esercizio che andiamo a fare, vuole sapere, vuole capire. È molto curioso, fa domande molto inerenti e ha una grande conoscenza anche del corpo umano. In più sta usando questo periodo per godersi la famiglia e l’arrivo della sua seconda figlia, e anche per dedicare alla sua fondazione e ad altri impegni del tempo che nella sua carriera non ha mai avuto. È super impegnato, ha tanti progetti anche in Serbia, e sta dando molta importanza a tutto. Ma sempre tenendo sotto controllo gli allenamenti. Per esempio, doveva andare tre giorni a New York per un impegno di beneficenza e ha voluto che andassi insieme a lui, così da non sospendere gli allenamenti».