Come tutte le cose, anche il tennis è una questione di punti di vista. Se Paolo Lorenzi guarda alla classifica ATP, o a come è terminata la sua stagione, non può essere soddisfatto fino in fondo. Perché chiuderà più indietro rispetto a dodici mesi fa, anche se soltanto di qualche posizione, e perché
dopo lo splendido ottavo di finale allo Us Open ha raccolto sette primi turni su sette, l’ultimo nel Masters 1000 di Parigi-Bercy, dando seguito nel peggior modo possibile al miglior risultato della sua carriera nei tornei del Grande Slam. Tuttavia, anche stavolta, nel complesso, ha avuto ragione lui. Nella
nostra intervista di fine 2016 diceva che non avrebbe firmato per chiudere un altro anno da numero 40 del mondo, con l’obiettivo di migliorarsi ancora. La classifica dice che non ci è riuscito, perché il (quasi) 36enne toscano non farà meglio di 41, ma
nasconde un controsenso che sorride a Lorenzi: dodici mesi fa il senese chiuse l’anno con 1.090 punti ATP, mentre stavolta lo farà con 5 punti in più: 1.095. Una miseria, meno di una partita vinta a livello Challenger, ma che in un modo o nell’altro simboleggia comunque un piccolo segno “+”. Nelle statistiche rimarrà il 41, 42 o quel che sarà, ma se Paolo si trova più lontano è solo perché ci sono più avversari ad aver raccolto più punti di lui. Lui aveva promesso un piccolo miglioramento e quel miglioramento c’è stato, tanto da lasciare un po’ di amaro in bocca per alcuni momenti della stagione, come il match-point mancato in finale all’ATP 250 di Quito, o le zero vittorie negli ultimi due mesi, o il doppio forfait a Roma e Madrid.
Vien da chiedersi “come sarebbe andata se”, con la top-30 a meno di 300 punti, ma già trovarlo di nuovo a certi livelli è un grande risultato.