Riccardo Bisti
20 November 2017

Per adesso è un supplente. Diventerà un vero Maestro?

Grigor Dimitrov vince, con pieno merito, una delle edizioni più povere delle ATP Finals. Nel suo percorso non ha affrontato veri “big” e ha dovuto lottare per tre set sia in semifinale che in finale contro Goffin. È un buon supplente, ma per diventare un Maestro dovrà raccogliere un gran titolo battendo i più forti. I tempi sono maturi?

Filotto. Percorso netto. Perfetto. Alla prima partecipazione alle ATP Finals, forte di assenze e pessimi stati di forma altrui, Grigor Dimitov si è preso il titolo di “Maestro”. Lo ha fatto nel migliore dei modi, vincendo cinque partite su cinque. In una finale ben più complicata del previsto, ha avuto la meglio in tre set su “Lazzaro” David Goffin, che soltanto qualche giorno fa sembrava spompato. Invece è risorto e ha addirittura battuto Roger Federer in semifinale. È finita 7-5 4-6 6-3 e potrebbe essere l'occasione buona per dare una svolta a una carriera da eterno inseguitore. Intanto, il nuovo ranking ATP lo vede al numero 3. “Ed è qualcosa che mi motiva ancora di più – ha detto Grisha – ho costruito la piattaforma ideale su cui costruire l'anno prossimo. La preparazione invernale sarà fantastica: so cosa devo fare per presentarmi nel modo giusto”. Intanto è il primo esordiente a vincere il Masters dal 1998. quando si impose Alex Corretja. Ma, soprattutto, ha intascato 1.500 punti ATP e un maxi assegno di due milioni e mezzo di dollari. Finalmente il 2017 ha dato agli appassionati il Dimitrov che aspettavano da tempo: quattro titoli (tra cui anche il Masters 1000 di Cincinnati) e l'ingresso, di slancio, tra i primi cinque. La svolta è arrivata a metà 2016, quando ha assunto coach Daniel Vallverdu nel momento peggiore della sua carriera, da numero 40 ATP.

GOFFIN LOTTA FINO ALL'ULTIMO
Il tecnico venezuelano, già al fianco di Murray e di Berdych, gli ha chiesto di semplificare il suo tennis, lasciar andare tutto il suo talento senza pensare a chissà quali alchimie tattiche. Settimana dopo settimana, le cose sono migliorate. “Con il giusto stato d'animo, le giuste persone accanto, e un buon sostegno, le cose accadono – dice Dimitrov – quel periodo mi ha aiutato molto, ne avevo bisogno. Mi sono reso conto delle cose su cui avrei dovuto lavorare, e chi erano i veri amici. Davvero, ho imparato un mucchio di cose”. Dopo il matchpoint si è lasciato andare a un mix di gioia e commozione. Sul campo, era sull'orlo delle lacrime. Prima ha abbracciato Goffin, poi è corso al suo angolo per abbracciare Vallverdu, i genitori e tutte le persone del suo team. La finale è stata più complicata del previsto, specie tenendo conto del 6-0 6-2 rifilato al belga nel girone. Era la 17esima volta che il Masters si decideva tra due tennisti che si erano già affrontati nel round robin, e la storia insegna di come spesso il punteggio si ribalti. Poteva andare così anche stavolta: Goffin scattava meglio dai blocchi, volando 4-3 e servizio nel primo set, ma un dritto lungo rimetteva il bulgaro in partita. Il pubblico era quasi tutto per lui, al punto che abbiamo sentito spesso scandire il suo nome, e non soltanto dai tanti connazionali sugli spalti: “Di-mi-trov! Di-mi-trov!”. Grisha capiva il momento, alzava il livello e intascava il primo set al dodicesimo gioco. “In quel frangente ho dato il massimo perché pensavo che sarebbe stata la chiave”. Invece, a sorpresa, Goffin ha continuato a mordergli le caviglie: prima cancellava una palla break sul 2-3 con un sontuoso rovescio incrociato, poi prendeva il largo nel game successivo grazie a due dritti vincenti, uno dopo l'altro. Stavolta manteneva il vantaggio e si aggiudicava il parziale grazie a un gran rendimento al servizio: in cinque turni di battuta, ha ceduto la miseria di cinque punti.

OBIETTIVO SLAM
In avvio di terzo, un grande punto interrogativo aleggiava sul nome del vincitore, poiché quest'anno Goffin aveva lo strepitoso record di 22 vittorie e 5 sconfitte nei match giunti al set decisivo. Molto meglio di Dimitrov, che però trovava il break decisivo in un sesto game di 11 punti, suggellato da un rovescio largo di Goffin. Doveva tribolare fino all'ultimo punto, visto che aveva bisogno di 5 matchpoint prima di sdraiarsi a pancia in giù e festeggiare un titolo inizialmente inatteso, ma via via sempre più possibile. Dimitrov ha avuto il merito di gestire l'inattesa pressione di essere l'unico outsider la cui vittoria sarebbe stata ben accetta, e non vista come una macchia nell'albo d'oro. “Quest'anno ho mantenuto la giusta intensità mentale – ha detto Dimitrov – quando il mio corpo mi consente di fare un certo tipo di preparazione, sento di partire in vantaggio rispetto agli altri”. Alla fine il pubblico ha avuto una bella finale. Non era la più attesa, ma intanto è stata la più lunga da quando si gioca al meglio dei tre set (dal 2008). Con le sue due ore e trenta minuti, ha superato di un quarto d'ora Federer-Tsonga del 2011. “Non voglio esagerare nelle promesse – ha detto un raggiante Dimitrov – ma di sicuro uno dei miei grandi obiettivi è vincere un torneo del Grande Slam. È sempre stato il mio sogno”. Sognare è legittimo: ma dopo averlo visto al Masters, certe idee non sembrano più utopia. Anzi.

NITTO ATP FINALS – Finale
Grigor Dimitrov (BUL) b. David Goffin (BEL) 7-5 4-6 6-3

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