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Lo zio Sam, che batte i numeri uno

Un anno dopo aver eliminato Novak Djokovic, Sam Querrey firma un altro capolavoro sull’erba di Wimbledon. Gioca un match splendido attaccando dall’inizio alla fine, approfitta delle difficoltà fisiche di Andy Murray e la spunta in cinque set, dominando quarto e quinto in appena 49 minuti. Mai nessuno aveva dovuto attendere 42 Slam per centrare una semifinale, e può andare avanti ancora.
Ancora lui! Dal 2 luglio 2016 al 12 luglio 2017, l’uomo da copertina di Wimbledon è di nuovo Sam Querrey. Uno strepitoso Sam Querrey, che a dodici mesi e spiccioli dalla vittoria contro Novak Djokovic, sui prati dell’All England Club ha fatto di nuovo fuori il numero uno del mondo e campione uscente, che nel frattempo è diventato (forse ancora per poco: se Djokovic vince il torneo lo sorpassa) Andy Murray. L’idolo del pubblico, il padrone di casa, che contro Fabio Fognini era piaciuto poco e contro Benoit Paire un po’ di più, franato appena sulla sua strada ha trovato un avversario capace non solo di costruire le occasioni, ma anche di sfruttarle. Dopo 2 ore e 42 minuti il tabellone luminoso del Centre Court dice 3-6 6-4 6-7 6-1 6-1 per l’outsider, numero 28 del mondo, ancora una volta protagonista della più grande sorpresa del torneo. Una sorpresa che nell’aria si poteva fiutare già alla vigilia, ma si era allontanata terribilmente a metà del secondo set, quando Murray stava correndo verso il successo sin troppo velocemente, al servizio sul 6-3 4-3 dopo aver capitalizzato alla perfezione gli unici due game del match in cui il ribattitore era arrivato a 40. Poi, di colpo, è finito un match e ne è iniziato un secondo, è tornato il Murray falloso e insicuro visto (troppo) spesso nel 2017, ma è anche arrivato un Querrey meraviglioso. Alla vigilia aveva anticipato un match aggressivo, e ha rispettato la promessa ogni volta che ne ha avuto la possibilità. Ha risposto alla grande, non si è fatto pregare ad aggredire la seconda spesso troppo tenera del britannico, e si è buttato a rete di continuo. Si è beccato qualche passante, ha sbagliato qualche volèe, ha perso qualche punto che non doveva perdere, ma se Murray è andato in tilt il merito è anche della sua strategia.
POTENZA, AGGRESSIVITÀ, CORSA, RETE
Murray ha dato i primi segnali preoccupanti proprio quando il 90% del suo compito sembrava fatto. Ha perso il servizio per la prima volta, ha iniziato a parlottare e lamentarsi, e dal 4-3 e servizio si è trovato 4-6, con Querrey che continuava a tirare, tirare, tirare, sia col rovescio incrociato sia con un diritto mortifero che oltre a viaggiare veloce ha il pregio di rimbalzare molto poco. Una situazione che ha offerto uno splendido contrasto negli angoli dei due giocatori: mentre la faccia di Ivan Lendl diventava via via sempre più grigia, negli occhi del suo coach Craig Boynton e della fidanzata Abby Dixon si iniziava a intravedere un briciolo di speranza. Si è spenta quando Sam ha perso di nuovo la battuta in avvio di terzo, poi è tornata quando Murray ha deciso di farsi del male da solo sul 5-4, nel momento meno opportuno, regalando contro-break e parità, ma si è volatilizzata di nuovo insieme al terribile smash messo in rete da Querrey nel quarto punto del tie-break, che ha permesso a Murray di solcare una distanza impossibile da colmare, e salire 2 set a 1. Ma il vero black-out dello scozzese doveva ancora arrivare, e si è presentato di colpo in avvio di quarto set. Era il momento di affondare il colpo, invece Andy si è trovato svuotato, senza più forze e con qualche fastidio di natura fisica che ne ha frenato gambe e spirito, finendo per crollare in un amen. Ha perso il quarto set in appena 22 minuti, lasciandolo scivolare via senza dire una parola, e nel quinto è durato giusto sette minuti in più, ma senza l’ombra di una chance. “Holy Sam Querrey” come l’ha definito Mardy Fish via Twitter ha continuato a servire missili e sparare colpi vincenti, come se il più forte fosse lui, e Murray non ha potuto fare altro che trascinarsi da una parte all’altra del campo, con un atteggiamento mai così sofferente, in attesa dell’ace (numero 27) che ha decretato l’upset.
PUÒ ANDARE IN FINALE
Nel 2016 c’erano state le mille interruzioni e un Djokovic con la testa altrove dopo la conquista del Career Grand Slam, mentre stavolta si parlerà di un Murray menomato, lasciato in pace per una volta dalla pressione del pubblico – dirottata su Johanna Konta – ma tradito dal fisico. Tuttavia, Querrey ha meritato la vittoria, giocando un tennis splendido e facendo volare sul campo i suoi 198 centimetri. Basta riguardare il punto che gli ha regalato il 5-1 nel quinto set: Murray l’ha tenuto lontano dalla linea di fondo e poi ha giocato una precisa smorzata, ma lui ci è arrivato alla velocità della luce e nella scaramuccia a rete ha messo la palla dove il rivale proprio non poteva arrivare. Non sarà il miglior punto della sua carriera, come l’ha definito John McEnroe durante la telecronaca, ma è il simbolo delle sue possibilità. Viene spesso etichettato come un tennista di solo servizio, quando in realtà sa fare (bene) più o meno tutto. Oggi ha vinto con l’aggressività, presentandosi a rete una cinquantina di volte, e il crollo del britannico è arrivato anche per meriti suoi. Murray non ne aveva per giocare cinque set, ma tre/tre e mezzo sì. Lui è stato bravo ad allungare il match e ne ha raccolto i frutti, conquistando la sua prima semifinale Slam al 42esimo tentativo (mai nessuno aveva dovuto aspettare così a lungo) e riportando la bandiera a stelle e strisce nelle semifinali maschili di un torneo del Grande Slam per la prima volta dal 2009. L’ultimo a riuscirci era stato Andy Roddick, proprio ai Championships, e negli States se lo ricordano bene, soprattutto la comoda volèe sbagliata che l’avrebbe mandato avanti due set a zero nella famosa finale persa per 16-14 al quinto contro Roger Federer. Querrey può eguagliarlo? Contro Cilic non sarà lui il favorito, ma se va avanti così…

WIMBLEDON UOMINI – Quarti di finale
Sam Querrey (USA) b. Andy Murray (GBR) 3-6 6-4 6-7 6-1 6-1
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