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Perdere così fa male il doppio

HANNO DETTO - Marin Cilic avrebbe meritato di giocarci le proprie chance, invece una vescica gli ha rovinato i piani, obbligandolo a una sconfitta dolorosissima. “Ci ho provato, ma sapevo che sarebbe stata durissima. Perdere così fa davvero male, ma resto fiero del mio torneo. Mi renderà più forte, e il mio tennis può crescere ancora”.
Deve far male, molto male, vedere andare in frantumi senza possibilità di cambiare le cose un obiettivo rincorso a lungo, con insistenza, sacrificio e dedizione. Lo sport sa essere crudele: può bastare un piccolo dettaglio come una vescica per rovinare tutto, anche se il tennis funziona come mai prima e anche il resto è a posto. Un dettaglio che molto probabilmente resterà per sempre nella mente di Marin Cilic, insieme a quel “cosa sarebbe successo se” che ha iniziato a domandarsi quando è scoppiato in lacrime sul Centre Court di Wimbledon, chiedendosi perché in finale, perché proprio in finale. “È capitato decisamente in uno dei giorni peggiori”, ha detto il croato in conferenza stampa, col morale sotto i tacchi per non aver potuto giocare al 100% il match più importante della sua carriera, un’opportunità che si era guadagnato e meritato sul campo. “La colpa è di una brutta vescica sotto il piede (sinistro, ndr). Ho iniziato a avvertire fastidio nel match contro Querrey, e tutti gli sforzi fatti per recuperare, nonostante il grandissimo aiuto dei medici e dei fisioterapisti del torneo, non sono bastati. Ogni volta che ero costretto a un cambio di direzione, o a muovermi rapidamente, non ero in grado di farlo per il troppo dolore. Abbiamo provato a bloccarlo con degli anestetici: sono serviti, ma avevo comunque un dolore eccessivo. Me ne sono accorto già nell’allenamento di questa mattina”. Ha voluto provarci comunque, per onorare il match, il pubblico, l’avversario e anche sé stesso, ma giocare sopra a un problema simile è impossibile. Ha provato a mascherarlo fino a quando è stato possibile, per quasi tutto il primo set, ma poi non ci è più riuscito. “Ho fatto il massimo, ma già fino al 5-3 del primo set, anche se a livello di punteggio ero vicino a Roger, sentivo di non essere al top, di fare fatica, di sbagliare più che nel resto del torneo. E da quel momento in poi si è visto che qualcosa non andava”.
BRAVO PER AVERCI PROVATO FINO IN FONDO
Dal punto di vista emotivo è stata una situazione molto difficile da gestire, perché so quanto mi sono impegnato per arrivare qui. Mi dispiace per me, e per il mio team che ha fatto tanto per me. È stato difficile convivere con tutte le emozioni che ho provato, così come accettare il fatto di non poter dare il massimo in un match così importante per la mia carriera”. Il dolore fisico è passato in secondo piano, perché era molto più forte il male psicologico, quello che l’ha portato alle lacrime di amarezza che hanno iniziato a scendere sul 3-0 del secondo set, quando è arrivato per la prima volta il fisioterapista, e si è capito che il suo match sarebbe finito lì. “È stato molto difficile concentrarmi sul match, sulla tattica, su ciò che dovevo fare. La mia mente era bloccata al dolore, e gestire una situazione simile, come accettare che nonostante tutto il grande lavoro fatto possa bastare così poco per rovinare tutto, non è per niente facile. Per colpa del piede non riuscivo a servire così bene, e a un certo punto ho provato anche un po’ di serve&volley per evitare troppi spostamenti laterali, ma è qualcosa che non sono abituato a fare”. Così Federer ha avuto vita facile, alzando al cielo il trofeo per l’ottava volta e prendendosi tutti gli applausi. “Ha meritato il titolo. Queste cose fanno parte dello sport, quindi complimenti a lui e al suo team. Resto comunque fiero di ciò che ho fatto nelle ultime due settimane. Questo torneo mi lascia tanta di fiducia per i prossimi mesi, e mi renderà più forte. So che il mio livello può crescere ancora, e su questo mi concentrerò. Una sconfitta così è davvero devastante, ma sono comunque fiero del mio torneo e grato a tutte le persone che mi hanno aiutato ad arrivare fino a qui. Ho giocato probabilmente il miglior tennis della mia vita. Ed è questo ciò che porto a casa con me”. Fa bene. L’importante è tornare di nuovo nella posizione in cui si è trovato. Non ci saranno sempre le vesciche a mettergli i bastoni fra le ruote.
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