Marco Caldara
24 October 2017

Highlander Venus vince la maratona degli errori

Dopo 3 ore e 13 minuti di tennis senza logica, venti break, ventitré doppi falli e 267 punti giocati, Venus Williams supera Jelena Ostapenko e tiene vive le speranze di conquistare la sua quinta semifinale alle WTA Finals. È il match più lungo della carriera della statunitense, a 37 anni e 4 mesi.
Per la qualità di quanto visto in campo, forse erano meglio i match a senso unico delle prime due giornate, col quartetto Pliskova-Muguruza-Halep-Wozniacki a segno senza difficoltà. Ma la notizia è che le WTA Finals di Singapore si sono finalmente accese, con la prima battaglia vera, in pieno stile femminile, con 3 ore e 13 minuti di caos, impossibili da decifrare quasi fino al match-point vincente. A sorridere è Venus Williams, che è tornata al Masters dopo un’assenza lunga 9 anni e tiene viva la speranza di centrare la semifinale, mentre a uscire dal campo a testa bassa è toccato a Jelena Ostapenko, battuta per 7-5 6-7 7-5 e tradita dallo stesso tennis che le ha permesso di giocarsela fino in fondo. La ventenne di Riga è così: può fare miracoli in stile Roland Garros, ma anche commettere errori su errori. Vincere tre game di fila senza far toccare la palla all’avversaria, poi perderne tre di fila solo per colpa sua. Caratteristiche che miscelate con una Venus da montagne russe, più in difficoltà che mai al servizio ma con una grinta ammirevole, hanno prodotto un match difficile anche da raccontare, perché si rischierebbe di ripetere all’infinito le stesse cose. Dicono tanto le statistiche, che mostrano qualcosa cosa 20 break in 36 turni di servizio, ventitre doppi falli, due seconde di servizio insufficienti e 267 punti totali, e soprattutto danno anche un chiaro indizio sul perché il successo sia caduto nella metà campo della Williams, capace di vincere ben quindici punti in più. Tuttavia, la differenza l’hanno fatta tutta gli ultimi sei/sette: sul 5-5 al terzo Venus è riuscita a conquistare un break che nel turno di risposta precedente aveva mancato da 0-40, e nel game seguente ha tirato fuori tutta la sua classe, vincendolo con più agio di buona parte di tutti gli altri. Impossibile pensare sia soltanto un caso.
SFIDA DA DENTRO O FUORI CON LA MUGURUZA
Non è stato il suo miglior match, e se è rimasto vivo per oltre tre ore la ragione è da cercare anche nel rendimento da 5 di Venus stessa, ma per vincere a 37 anni e 4 mesi il match più lungo di una carriera ventennale, contro un’avversaria che potrebbe essere sua figlia, serve un carattere con pochi uguali nel circuito WTA. La Williams non perdeva un tie-break da gennaio, la Ostapenko aveva vinto 19 degli ultimi 22 match finiti al terzo set. Ma in un duello che di logica ne ha avuta ben poca, è andato tutto al contrario. Dopo aver cancellato un match-point sul 4-5, il tie-break se l’è preso la lettone, spezzando l’equilibrio di mini-break col primo punto al servizio, e poi approfittando di tre errori di fila dell’americana. Ma il match è finito nelle tasche di Venus, più per esperienza che per freschezza fisica, più per capacità di stringere i denti che per qualità del tennis mostrato. Ma a tennis si può vincere in mille modi diversi, l’importante è sapersi adattare alla situazione e sfruttare ciò che la giornata offre, anche quando è meno del solito. La vittoria di Venus la tiene in lizza per il passaggio in semifinale, obiettivo raggiunto in tutte le sue quattro partecipazioni precedenti alle Finals, la prima datata addirittura 1999. Per rendere l’idea, la Venere Nera le ha giocate in quattro città diverse: da New York a Singapore, passando per Los Angeles e Doha. Per conquistare di nuovo un posto fra le ultime quattro sarà costretta a battere Garbine Muguruza nella giornata di giovedì, col match più lungo della sua carriera nelle gambe e la lancetta delle energie che difficilmente supererà la metà. Ma è meglio non porle limiti. Ne ha già superati un’infinità.

WTA FINALS SINGAPORE – GRUPPO BIANCO
Venus Williams (USA) b. Jelena Ostapenko (LAT) 7-5 6-7 7-5
© RIPRODUZIONE RISERVATA