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Riccardo Bisti
30 November 2017

A lezione da Professor Radek Stepanek

Novak Djokovic ha ufficializzato la collaborazione con Radek Stepanek. Conosciamo a fondo il 39enne ceco grazie alla lunga intervista esclusiva che ci ha concesso l'anno scorso. Ragionava ancora da giocatore, però qualche frase qua e là faceva capire cosa sarebbe successo. Tutto il mondo di Radek Stepanek, l'uomo che proverà a rilanciare la carriera dell'ex numero 1.

Un simpatico video, con tanto di apparizione a sorpresa, ha sancito l'inizio della collaborazione tra Novak Djokovic e Radek Stepanek. Tra i due c'è una grande affinità e nessuno si è sorpreso né della partnership, e nemmeno delle modalità con cui è stata annunciata. Di Stepanek si è parlato molto in queste settimane: il doloroso ritiro, il ritorno di fiamma con Nicole Vaidisova e vari omaggi a una carriera lunga e fortunata. La sua storia d'amore col tennis, tuttavia, andrà avanti nel modo più affascinante. Per raccontarvi Radek Stepanek abbiamo deciso di regalarvi l'intervista esclusiva che ci ha concesso l'anno scorso. Forse non immaginava che la sua carriera sarebbe terminata così a breve, ma già allora trasparivano le qualità da futuro coach e l'enorme stima verso Djokovic. Una chiacchierata tutta da leggere.

Dopo tante sfortune, a 37 anni di età, dove trovi la forza per alzarti dal letto ogni mattina e andare ad allenarti?
Credo che il segreto sia l'amore per il tennis. Pur avendo superato i 35 anni ho ancora tante energie e altrettante motivazioni. L'anno scorso ho passato momenti difficili ma sono contento di averli superati. La vita è piena di ostacoli, ma dobbiamo avere la forza di tornare più forti di prima. Sono lieto di avercela fatta ma devo ringraziare la mia famiglia, le persone che mi stanno vicino e il mio team. Mi sono stati accanto nei momenti peggiori.

Ci puoi raccontare i tuoi esordi? Hai iniziato con tuo padre a tre anni di età, ma poi come si è sviluppata la tua carriera?
A tre anni non ho esattamente iniziato a giocare. Tenevo la racchetta in mano e trascorrevo ogni momento libero sul campo da tennis: mio padre giocava a livello di club ed è stato il mio primo maestro. Mia mamma lavorava in una libreria, dunque fu molto facile scegliere chi seguire! Mio padre si è preso cura di me fino a 15-16 anni di età, poi ci siamo resi conto che era giunto il momento di cambiare qualcosa. Quel cambiamento fu un passaggio fondamentale, perché ancora oggi capita di vedere tennisti seguiti dai genitori fino a 24-25 anni di età. Certi rapporti non funzionano quasi mai. Lui era il mio coach, ma la cosa più importante resta il rapporto tra padre e figlio: quello non si è mai rovinato. Mi ha insegnato a giocare e ci siamo divertiti molto. Adoro ogni momento che passo sul campo, del passato, del presente e del futuro.

Tua mamma lavora ancora in libreria?
No, è andata in pensione! Adesso ha più tempo per suo nipote, il figlio di mio fratello. Vivono ancora nella stessa città. Siamo una grande famiglia, molto numerosa, quindi c'è ancora bisogno di lei.

Hai iniziato con racchette di legno oppure era già il tempo del grafite?
No, niente legno. La mia prima racchetta era di alluminio, non ricordo se prodotta in Polonia o Cecoslovacchia, molto simile alla Wilson T2000 di Jimmy Connors. Non era esattamente quel modello, ma le assomigliava. L'ho utilizzata per un bel po'.

Non è ancora chiaro come è nato il tuo contatto con Petr Korda nel 2001. Quella famosa telefonata l'hai fatta tu o l'ha fatta lui?
Ricordo molto bene. Era il 25 dicembre 2001 e lo chiamai per augurargli Buon Natale. Parlammo un po' e gli chiesi un'opinione su quello che avrei dovuto fare. Lavoravo duro ogni giorno, ma i risultati non arrivavano. Quell'anno avevo avuto molti infortuni ed ero franato intorno al numero 700 ATP. Sapevo di poter giocare bene, ma non l'avevo dimostrato. Mi disse che giocavo un tennis diverso rispetto agli altri e che avrei potuto fare grandi cose. Se lo avessi ascoltato, mi disse, sarei entrato tra i top-70 entro lo Us Open dell'anno successivo. Ho iniziato piano, non credevo a quello che diceva, mi sembrava una fiction. Nel 99% della telefonata parlammo di quello che avrei dovuto fare, dagli allenamenti alla programmazione. Ha avuto ragione lui. Da un momento all'altro divenne il mio mentore. Siamo stati insieme per molti anni e ho mantenuto grande fiducia nei suoi confronti. Dopo mio padre è stato la persona più importante della mia carriera tennistica. E' stato numero 2 ATP, ha vinto uno Slam e nessuno può insegnare meglio di chi ha vissuto certe situazioni. Adoro imparare dai campioni delle passate generazioni. Lo Stepanek di oggi è stato costruito da lui e gli sarò sempre grato.

Dopo la vostra separazione, ha detto che dovresti concentrarti solo sul doppio. Immagino che non sarai d'accordo...
(ride, ndr) L'anno scorso abbiamo parlato a lungo della mia situazione. Il punto era che nel 2015 mi sono concentrato sul doppio come non mi era mai successo prima. Dovevo trovare un partner fisso e pianificare una programmazione a tempo pieno. Ho continuato a giocare seriamente in singolare, ma l'ho preso come un bonus. Nonostante le operazioni, sono competitivo in entrambe le specialità. Il problema è che sono sceso in classifica, dunque non è facile trovare il giusto equilibrio nella programmazione. Ma ho già vissuto certe situazioni, quindi credo di potercela fare. Sono molto concentrato sul doppio, ma cercherò di fare del mio meglio anche in singolare.

Costruendo il giocatore perfetto, Novak Djokovic ha detto che possiedi il miglior gioco di volo del tour. Bello, vero?
Sicuro, specie se lo dice un numero 1 che non ha reali punti deboli. Mi ha fatto piacere leggere la sua dichiarazione, tra l'altro abbiamo passato parecchio tempo insieme, ci alleniamo spesso durante i tornei e ci divertiamo parecchio. Le volèe fanno parte del mio gioco, mentre lui possiede senza dubbio la miglior risposta di tutti i tempi. In questo momento credo che ogni suo singolo colpo sia il migliore in circolazione. Quello che ha mostrato negli ultimi 18 mesi è straordinario, credo sia il più grande dominio nella storia del tennis. Quello che ha detto significa molto per me.

Può nascere un nuovo Radek Stepanek? O magari un tennista con un gioco simile?
Di sicuro non ci sarà un secondo Stepanek. Tuttavia credo che si possa cercare e trovare qualcuno di simile. Per me è stato emozionante vedere la passione dei fan: so che qualche bambino ha scelto il tennis dopo avermi visto giocare, magari avrà anche provato a imitare il mio stile. Non è facile, ma è una missione importante: tenere vivo un tennis vecchio stile anche nell'epoca moderna. La cosa più bella è l'aumento dei bambini nelle scuole tennis della Repubblica Ceca: sono il triplo o il quadruplo rispetto al passato. Spero di non avere un solo erede, ma che possano nascere tanti nuovi Stepanek.

Hai sempre detto che la differenza principale tra il tennis di oggi e quello degli anni 90 risiede nella preparazione fisica. Pensi che oggi ci sia più doping rispetto a 10-15 anni fa?
Sarei molto sorpreso se oggi ci fosse qualche tennista dopato. I controlli sono talmente stringenti che non ho idea di come qualcuno possa eluderli. Se qualcuno si dopi non lo so, per me il doping è una truffa bella e buona. Non ricordo a quando risalga l'ultimo scandalo, ma credo si debba andare indietro di qualche anno. Il tennis è diventato sempre più fisico, ma non a causa del doping. Sono cambiate tante cose nel mondo della fisioterapia, si fanno i bagni ghiacciati per recuperare dopo una partita molto faticosa... io stesso li uso. Ci sono poi le camere di ossigeno... insomma, esistono tanti sistemi per aiutare il corpo a ottenere migliori prestazioni e – cosa ancora più importante – recuperare in fretta.

Hai mai avuto sospetti su qualche giocatore?
Questa domanda emerge sempre quando qualcuno si ferma per 6 mesi e poi torna a giocare, ma si tratta di semplici speculazioni. Se non esistono prove si parla del nulla e credo che sia scorretto parlarne, anche nei confronti di chi viene tirato in mezzo.

Hai seguito lo scandalo scommesse esploso in Australia a seguito dell'inchiesta BBC-Buzz Feed?
Sicuro. È stato uno degli argomenti principali della prima settimana, se ne parlava a ogni conferenza stampa. La mia opinione è che si tratta soltanto di chiacchiere. Non penso che sia bello per certi ragazzi vedere i loro nomi associati a queste storie senza uno straccio di prova. Sono chiacchiere, fantasie. Se hanno le prove ci dicano chi ha scommesso su certe partite e quanti soldi. A quel punto potremo parlarne, ma per adesso si tratta di speculazioni. È stato un atto scorretto nei confronti del tennis, uno sport con straordinari ambasciatori. Se qualcuno vuole creare scompiglio faccia pure, ma deve provare quello che dice. Spero e sono certo che l'ATP farà le dovute indagini. Da parte nostra, vogliamo che il tennis sia uno sport pulito. Se qualcuno dovesse essere ritenuto colpevole, non c'è dubbio che debba essere punito.

Se dovessimo trovare le prove, quale sarebbe la giusta sanzione?
Squalifica a vita.

È la domanda del momento. Ti hanno mai chiesto di aggiustare o vendere una partita?
Mai e poi mai.

Dove saresti arrivato se nel 2006 non ci fosse stato quello strano infortunio che ti ha impedito di utilizzare la mano e tenuto fermo per sei mesi? Eri tra i primi 10, immagino sia il più grande rimpianto della tua carriera...
Assolutamente. Non credo di poter rispondere, perché una risposta non ci sarà mai. Mi sono fermato nel miglior momento della mia carriera, ero salito al numero 8 del mondo. Nell'ultimo torneo prima dell'infortunio ho avuto un matchpoint contro Jonas Bjorkman nei quarti di Wimbledon. Se avessi vinto quella partita sarei diventato numero 5 del mondo. Per intenderci, sono stato a un punto dai top-5. Chissà cosa sarebbe successo nei sei mesi successivi. Stavo veramente bene. Quando ripenserò alla mia carriera, il 2006 mi metterà sempre tristezza perché in quel momento ho capito che non avrei potuto scoprire i miei limiti.

Io dico 2-3 anni nei top-10.
Avevo la qualità per stare tra i primi 10. Non so per quanto tempo, ma le chance erano reali.

Hai detto che Petra Kvitova sarebbe rimasta la tua ultima fidanzata nel mondo del tennis. Tuttavia, credi che oggi ci siano più relazioni tra tennisti rispetto a qualche tempo fa? I tornei combined sono galeotti in questo senso?
È vero che ho detto questo, ma nella vita non si può mai dire... prendo la vita senza pensieri, vedremo dove mi porterà. Ho visto che tutti i giornali hanno riportato questa frase, ma in realtà non la penso proprio così. Forse l'ho detto nella foga di un momento. Ripeto: mai dire mai. È vero che le relazioni sono più facili. Ad esempio, in gennaio c'era la possibilità di trascorrere l'intera trasferta in Australia con l'eventuale fidanzata, ed anche le separazioni non sono lunghe come qualche anno fa.

In questo momento ci sono love story tra tennisti che non sono emerse per il pubblico e i media?
Se qualcuno vuole fare sapere di avere una relazione ve lo dirà. A qualcuno non piace. È come nella vita di tutti i giorni. I tennisti sono persone come le altre, semplicemente siamo sempre sotto l'occhio dei riflettori. Alcuni vengono seguiti passo passo: dove vanno a cena, dove vanno al cinema... 24 ore su 24. Per me, ma credo di parlare a nome di quasi tutti i giocatori, sarebbe bello mantenere la propria privacy sulla vita fuori dal campo.

Se non ricordo male è da parecchi anni che non regali più il tuo tuffo “a verme” dopo una vittoria...
È un gesto che tengo per le occasioni speciali. Devo sentire che è il momento giusto, non mi piace farlo dopo ogni match mentre altri giocatori ripetono sempre i loro gesti tipici. Ad esempio, Tsonga fa il suo salto dopo ogni vittoria. È un gesto che viene dal cuore, non voglio doverlo fare per forza se magari non me la sento.

Lo rivedremo in futuro?
Sto lavorando duro. Nel giorno in cui tornerò ad alti livello, il “worm” tornerà presto.

Chi è stato il giocatore più affascinante che hai conosciuto? Parlo di carisma, personalità...
Mi piace il carisma, la capacità di attirare gli spettatori. Adoravo John McEnroe, Jimmy Connors e Andre Agassi. Anche Marat Safin aveva un grande carisma. Quando ero piccolo seguivo con passione Ivan Lendl, anche se lui era esattamente l'opposto. Era molto concentrato, disciplinato, aveva una faccia da giocatore di poker e un notevole killer istinct. Più in generale, ci sono tanti tennisti divertenti. Il tennis è seguito in tutto il mondo e gli spettatori meritano di divertirsi. I giocatori dotati di carisma e capaci di intrattenere il pubblico saranno sempre i miei preferiti.

E i più antipatici?
In alcune occasioni John McEnroe ha francamente esagerato. Ma sono cose che appartengono allo sport. Se dai un'occhiata a discipline come il calcio o l'hockey su ghiaccio vedi scene che solitamente nel tennis non si verificano. Direi che oggi non ci sono altri tennisti con il temperamento di McEnroe.

Qual è il segreto del tennis in Repubblica Ceca? È un piccolo paese, con appena 10 milioni di abitanti, eppure sforna sempre tanti buoni tennisti...
Abbiamo buone basi e una bella tradizione. Avere grandi campioni come fonte di ispirazione è stato un notevole aiuto, perché certi esempi hanno aumentato la fame di successo. Sono anche gli effetti del regime comunista: quando si sono aperte le frontiere e abbiamo avuto la possibilità di giocare in tutto il mondo, la nostra motivazione è ulteriormente cresciuta. Inoltre mi sento di dire che il tennista ceco è più intelligente della media. Credo che la fame, il talento e l'intelligenza siano gli ingredienti che hanno fatto la fortuna del tennis ceco.

La qualità della vita è cambiata molto dopo la caduta del Muro di Berlino?
Ero troppo piccolo per capire certe cose, quindi per rispondere devo rifarmi ai racconti di altre persone. I miei genitori mi hanno detto che è stato un periodo molto difficile. Tanta gente ha rischiato la galera perché non si poteva lasciare il paese senza l'approvazione del governo. In quel periodo la Cecoslovacchia era piena di persone strane. Non dico fossero spie, ma cercavano di reperire informazioni da passare al governo, specie se qualcuno aveva idee sovversive. E quel qualcuno finiva immediatamente in prigione. In quel periodo c'era zero democrazia.

E' la ragione che ha spinto Martina Navratilova a scappare via...
Esatto. Anche Ivan Lendl ha avuto problemi di questo tipo. Posso solo immaginare cosa sia successo in quegli anni. La mentalità in Repubblica Ceca stia cambiando, ma non è un processo facile perché tante persone sono cresciute con quel sistema. Penso che ci vorranno almeno 2-3 generazioni per poter parlare di un paese completamente nuovo, nonché abituato alla democrazia.

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