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Amanda perde, ma la medicina dovrà aspettare

Amanda Anisimova poteva diventare il personaggio della prima giornata del Roland Garros, invece la vittoria Slam a 15 anni è sfumata per un soffio. Ma la statunitense di genitori russi potrebbe essere la stella del futuro. Lo dicono tennis, fisico, staff e anche un’immagine che fa gola a tutte le aziende.
ROLAND GARROS - La vittoria da copertina è rimasta a sei punti, che sul 6-3 4-2 30/0 sembravano già fatti e invece non sono mai arrivati, ma il futuro si può vedere anche nelle sconfitte. Gli spettatori che hanno sfidato il sole di una Parigi più estiva che mai per dare un’occhiata ad Amanda Anisimova hanno capito benissimo che fra pochi anni il piccolo Campo 6 potrebbe starle stretto, anche se a sorridere dopo il match-point è stata la giapponese Kurumi Nara. Per vincere 3-6 7-5 6-4 e rovinare la festa della più giovane in gara al Roland Garros dal lontano 2005 le è bastato metterci un tantino di esperienza, ma la situazione si ribalterà molto presto, e gli Stati Uniti possono già aggiungere alla lista un’altra potenziale campionessa. E pensare che poteva nascere in Spagna, se solo i genitori non l’avessero trovata un po’ meno accogliente del New Jersey, dove nel 1998 sono migrati da Mosca per offrire un futuro migliore prima figlia Maria, abbandonando entrambi un lavoro nel settore bancario. Invece è nata a Freehold, il 31 agosto del 2001 (sì, deve ancora compiere 16 anni!) e anche se con papà Konstantin e mamma Olga parla russo, in Russia non ci è mai stata (“però mi piacerebbe andarci, per vedere com’è e conoscere meglio la loro cultura”) e non ha mai pensato di rappresentarla. Tradotto: si sente americana al 100%. È lì che è nata, cresciuta e continuerà a vivere, e per una tennista emergente è sicuramente una situazione migliore, per le strutture, una Federazione più attenta e tante possibili wild card, utilissime ad aprire le porte dei tornei più importanti. Come quella del Roland Garros? Non proprio, perché nessuno le ha regalato nulla. L’invito per l’esordio nel tabellone principale di un torneo del Grande Slam se l’è conquistato con due finali consecutive negli ITF sulla terra verde americana, prima a Indian Harbour Beach e poi a Dothan. Le sono servite a diventare la più giovane fra le prime 300 del ranking WTA (+ 500 da inizio anno, oggi è numero 262), ma soprattutto a conquistarsi l’esordio Slam sulla stessa terra che lo scorso anno la vide arrivare in finale nel torneo juniores.
LA MANO DI NICK SAVIANO
Basta uno sguardo per accorgersi che il suo tennis è chiaramente ispirato a Maria Sharapova, nel look, nell’esecuzione del diritto, e pure nel modo di stare in campo. È capitato addirittura che fra un punto e l’altro si mettesse spalle alla rete a simulare i colpi proprio come “Masha”, e le ambizioni sono calibrate verso quei livelli, se non addirittura più in alto. “Voglio diventare numero uno del mondo e vincere ogni torneo del Grande Slam. Questa vita mi cosa un sacco di sacrifici, perché devo viaggiare tantissimo, ma mi piace farlo come mi piace giocare i grandi tornei. Non mi interessa se non posso vivere come una persona normale o andare a scuola, perché adoro ciò che faccio, la mia carriera e come stanno andando le cose”. Non potrebbe essere altrimenti per una che ha preso la prima racchetta in mano a due anni, guidata dal padre, e già a 11 è entrata in contatto con Nick Saviano, il coach statunitense che ha già avuto un’influenza molto importante nella formazione di Sloane Stephens e Genie Bouchard. “È sempre bello lavorare con persone che si impegnano al massimo – ha detto Saviano – e lei e la sua famiglia lo stanno facendo per diventare una grande giocatrice. Ha qualità incredibili nel modo di colpire la palla, ha fondamentali di altissimo livello, sa giocare la volèe, ha un buon tocco. È una grande atleta e ha grande potenza: è come se facesse esplodere la palla, e colpisce vincenti con grande naturalezza. In più, ha la determinazione giusta per diventare qualcuno nel tennis e ottenere il massimo da sé stessa”.
UN TEAM DA CAMPIONESSA
Alla fila di aziende fuori casa, pronte a investire sul suo tennis come su un aspetto che a livello d’immagine potrebbe fare la sua bella parte, ci pensa il manager IMG Gary Swain, uno che ha lavorato a lungo con niente meno che John McEnroe. Sul Campo 6 c’era anche lui, insieme alle quattro persone che sono volate a Parigi insieme ad Amanda con una settimana d’anticipo rispetto all’inizio del torneo, proprio come le top player: mamma Olga, il trainer Andy Hanley, lo sparring Maxsim Fomine e il nuovo coach Henner Nehles, tedesco già a fianco di Jankovic e Querrey, prima di trovare posto nei programmi USTA. Una situazione che basta e avanza per spiegare ciò che le ruota attorno, ma le ha comunque permesso di vivere il suo primo Slam con lo spirito giusto per una quindicenne. “Mi godo ogni autografo e spero di incontrare Djokovic perché ancora non ci sono riuscita”, ha raccontato con l’aria di chi prima o poi la sala interviste principale la riempierà, magari senza chewing-gum in bocca e con risposte via via sempre più articolate. Per ora sono molto simili al suo tennis: velocissime. Serve e spinge, col diritto (un po’ costruito, ma comunque già pesante) come col rovescio, senza pensare troppo. Un potenziale devastante, aiutato da un fisico già attorno al metro e 80 nonostante altri 2-3 anni di tempo per crescere, sul quale ci sarà da lavorare, specie per eliminare qualche peccato di gioventù che le è costato il match di oggi e gliene costerà altri, ma che vale già tantissimo. E che sicuramente la obbligherà a rimandare ancora il sogno di diventare medico chirurgo: ha detto che proverà a coltivarlo con l’università online durante la carriera, per poi buttarcisi una volta mollato il tennis. Ma viste le premesse sembra un futuro più lontano che mai.
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