Riccardo Bisti - 25 August 2017

All'improvviso spunta Georgia, la Seles italiana

Tirando sia dritto che rovescio a due mani, proprio come la mitica campionessa serba, Georgia Brescia si è portata a un passo dal main draw dello Us Open. Risultato inedito, frutto di una stagione andata ben oltre le aspettative. Conosciamo meglio la ragazza che si allena in Svizzera con un coach...uruguaiano.

La vita può cambiare in un momento, si sa. Come le botte di sfortuna, anche la buona sorte arriva all'improvviso.Bisogna saperla afferrare, poi maneggiare. Fosse stato Australian Open, Roland Garros o Wimbledon, Georgia Brescia non avrebbe potuto giocare il suo primo Slam. Il caso ha voluto che acciuffasse una posizione intorno al numero 200 WTA quando stava per uscire l'entry list delle qualificazioni di Flushing Meadows, unico Slam a regalare 128 posti nelle qualificazioni, mentre gli altri offrono “soltanto” 96 spot. La 203esima posizione non sarebbe bastata, giacché (al lordo dei forfait), la lombarda era la 102esima iscritta alle “quali”: sufficiente soltanto per Flushing. Colpo di fortuna, peraltro grazie agli ottimi risultati del 2017, coronati da un paio di vittorie in tornei ITF (Santa Margherita di Pula e Lenzerheide), a cui si aggiunge la finale ottenuta sul finire del 2016 a Canberra, capitale amministrativa dell'Australia, laddove si era recata senza coach, l'uruguaiano Gonzalo Vitale. Come vedremo, ben più di un allenatore per la 21enne di Monza, peraltro omaggiata dalla benemerenza sportiva dall'ex sindaco, lo scorso marzo. Vitale è a New York a vivere una favola che nessuno si immaginava, anche solo fino a poche settimane fa. A inizio stagione, in un eccesso di modestia, Georgia (per l'esattezza, Georgia Louise) sperava di chiudere l'anno tra le top-300 WTA. Adesso, invece, le basterà battere Tereza Martincova per entrare nel tabellone principale dello Us Open. Pazzesco, anzi, fiabesco. Il suo nome è pressoché sconosciuto, se non ai feticisti dei tornei minori. La sua vicenda, dunque, è ancora vergine e vale la pena raccontarla: mamma inglese (di Liverpool) e papà calabrese, Georgia ha iniziato a giocare ad appena 3 anni, sulle orme della sorella maggiore Natasha. Come tanti baby-tennisti, ha passato pomeriggi interi a tirare una pallina contro il muro. Ma lei era troppo piccola, senza forza a sufficienza. E allora, istintivamente, mise entrambe le mani sul manico. Ne è nata una giocatrice “quadrumane”, termine orribile (ma economico) per descrivere coloro che tirano a due mani sia il dritto che il rovescio. Qualche anno fa, ci fu una timida chiacchierata con Vitale per capire se valesse la pena staccare la mano sinistra. Non si andò oltre, dunque oggi l'Italia ha la sua piccola Monica Seles (la “quadrumane” più forte di sempre). O magari Marion Bartoli. Chissà se Georgia metterebbe la firma per vivere una carriera come Adriana Serra Zanetti, migliore azzurra ad adottare questo stile, quartofinalista a Roma e Australian Open, nonché capace di raggiungere gli ottavi al Roland Garros.

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