Conoscendoti e conoscendo il circuito dove pensi di poterti esprimere meglio?
“I tornei principali per me sono sempre quelli sulla terra battuta. Però nell’ultimo anno penso di aver dimostrato di poter giocare bene anche indoor e sul duro, vedi gli ultimi Us Open. Se devo essere sincero, io di solito faccio fatica a iniziare l’anno. Sono lento a carburare. I primi tre mesi sono difficili per me e in Australia non gioco mai bene, anche se lo Slam è sempre una cosa a parte, cinque set, hai più tempo per entrare in partita, per gestire le situazioni”.
Preferisci la lunga distanza?
“E’ un tennis diverso, puoi prendertela con più calma, puoi pensare di più. Questo mi ha sempre aiutato”.
Come è stato questo primo anno con Josè Perlas, un allenatore che ha guidato dei Numeri uno?
“Sono dell’opinione che l’allenatore deve essere un po’ tutto per il suo giocatore: allenatore, papà, amico, compagno d’avventura. Deve saperti fare il cazziatone al momento giusto che poi, usciti dal campo, si cerca di dimenticare. Sotto questo aspetto ritengo che Josè sia davvero molto molto bravo. Non devo certo essere io a dirlo, visto la gente che ha portato in alto, a livelli assoluti. Per lui parlano i risultati. Però posso dire che se avessimo tanti allenatori così in Italia, con questa testa, con questi metodi, si verrebbe a creare una scuola migliore, si otterrebbero più risultati. Noi giocatori italiani nei top 100 siamo pochi ma oggi ci sarebbe tanta gente che gioca bene. Con la mentalità dei Perlas, di questi professionisti spagnoli, anche altri potrebbero esprimersi bene, potrebbero fare la differenza”.
Josè crede molto nelle tue possibilità, ti ha preferito a giocatori molto meglio piazzati in classifica. Ha dichiarato che vede qualcosa di speciale in te...
“Questo ovviamente è una bella cosa. Per lavorare insieme bisogna essere in sintonia, essere d’accordo sul lavoro e gli obiettivi da impostare. Oggi ti posso dire che se avessi la possibilità di rimanere con lui per tutta la mia carriera, firmerei subito”.
Se arriverai tra i primi cinque del mondo, secondo me resterà al tuo fianco...
(ride) “Beh , penso che lo farebbe anche se arrivassi nei primi dieci. O nei primi venti”.
Primi venti: Seppi c’è arrivato e tu a Bucarest l’hai battuto. Dunque il livello è quello…
“Andreas ha fatto un percorso diverso. Max Sartori, il suo allenatore, lo conosce da quando aveva 12 anni...”.
Vuoi dire che c’è qualcosa che Andreas può fare e tu no?
“No, assolutamente no. Tennisticamente per fortuna non ho molto da invidiare a lui e ad altri. Però ci sono determinati momenti, determinate situazioni che devi vivere perché ti fanno capire alcune cose di te, ti fanno crescere. Lui c’è passato ed è un giocatore sempre migliore. Io devo solo aspettare il Momento. Credo di stare lavorando nella direzione giusta, con le persone più che giuste. Adesso sta a me entrare in campo e trasformare il lavoro che si sta facendo in rendimento continuo in partita, sperando che porti i frutti che tutti ci aspettiamo”.