Le squalifiche non solo vanno digerite, ma vanno anche lette attentamente. Altrimenti c’è il rischio di finire di nuovo nei guai. È quello che è successo a Piotr Gadomski, 26enne polacco capace tre anni fa di arrivare vicino ai primi 300 della classifica ATP, ma costretto a dire addio ai sogni di gloria nel 2015, a causa di una squalifica da parte di Tennis Integrity Unit.
L’avevano pizzicato, insieme al connazionale Arkadiusz Kocyla, a violare quattro punti del Programma anti-corruzione, squalificandolo per ben 7 anni. Da allora non ha più giocato tornei professionistici, ma è riuscito comunque, volontariamente o meno, a violare la sospensione nel giugno dello scorso anno, facendosi beccare in tribuna a Roehampton durante le qualificazioni di Wimbledon. Cosa ci facesse al Bank of England Sports Centre non è dato a sapersi, ma non ha nemmeno particolare rilevanza. Anche se Gadomski fosse stato a Londra solamente come spettatore, infatti, la sua presenza è comunque di una chiara violazione della sospensione, dato che
lo stop imposto dal TIU non riguarda solo la partecipazione ai tornei, ma impedisce anche l’ingresso a tutti gli eventi del circuito professionistico di tennis: dai Futures agli Slam (racchiusi sotto l’egida dell’ITF), passando per ATP e WTA. Volendo credere alla buona fede del polacco, vien da pensare che magari nemmeno ricordava il "daspo" tennistico, o più probabilmente sperava che in un palcoscenico simile nessuno lo riconoscesse. Fatto sta che gli è andata male, e nella
sentenza rilasciata martedì 19 dicembre dalla TIU, si legge che il giocatore ha ammesso la propria infrazione. Il professor Richard H. McLaren, che ha vagliato il caso,
ha ritenuto adeguata una sospensione di ulteriori 18 mesi, da aggiungere ai 7 anni di pena già ricevuti. Tuttavia, la nuova sanzione è sospesa con la condizionale: se Gadomski non dovesse commettere violazioni da qui al termine degli 8 anni e 6 mesi la sanzione cadrà.