Il Masters 1000 di Cincinnati celebra la finale che non ti aspetti. O, forse, quella che tutti si aspettavano. Dopo Grigor Dimitrov, ecco Nick Kyrgios. Pure lui alla prima finale in un Masters 1000, sia pure il più anomalo e disertato della storia. L'euforia della vittoria su Nadal potrebbe essere un boomerang nella sua testa e nelle sue gambe. Contro David Ferrer parte coi favori del pronostico. Ma i favori del pronostico valgono poco, quando hai di fronte Ferrer. Il coraggioso e ammirevole valenciano, da tutti dato per morto e sepolto, spesso visto come una nemesi del tennis e che alla soglia dei 36 anni, anziché appendere la racchetta in salotto, ha deciso di alzare ancora la voce. E riportarsi a ridosso dei primi venti al mondo. Ed essere ancora lo spauracchio di tutti, sul cui cadavere bisogna camminare, più e più volte. Tra i due giocatori c'è un solo il precedente, sul cemento di Flushing Meadows, nel 2013. Ferrer, veterano ma non troppo, si sbarazzava facilmente di un ragazzino. Un ragazzino promettente, con occhi e taccuini puntati su di lui. E quel ragazzino, a suo modo, pur con tutte le follie, stravaganze, pause che una testa sin troppo pensante (nel bene e nel male), le sta mantenendo. Dopo un quarto d'ora di ritardo dovuto alla pioggia, Ferrer entra in campo con un piglio insolitamente aggressivo. Non si fa in tempo a cominciare, che lo spagnolo si presenta subito inopinatamente a rete. Forse per spaventare l'australiano. Forse per tentare una carta a sorpresa, contro un avversario che non sa cosa farsene della fase difensiva e che suole cercare il vincente in ogni situazione. Ma c'è equilibrio, in campo.