Quel viso un po' angelico è perfetto per uno spot pubblicitario, ma nella testa di Stefanos Tsitsipas c'è altro. Le aziende gli hanno messo gli occhi addosso da tempo, abbagliate del suo potenziale. Lo ha mostrato tutto, diventando numero 1 del mondo tra i ragazzi. Arrivare in cima così presto, tuttavia, può essere una iattura: degli ultimi 70 vincitori di uno Slam junior, soltanto in cinque si sono ripetuti tra i grandi. Stefanos lo sa e non si mette fretta. Sa che il viaggio è lungo e ci vorranno pazienza e sconfitte. Però, dopo una settimana di allenamenti al Foro Italico, all'ombra dei big, si è preso un pizzico di gloria al Roland Garros. Battendo Fabbiano, Sakharov e Otte, si è assicurato un posto nel main draw. Sarà il terzo greco a giocare uno Slam, il primo dopo nove anni e mezzo (Konstantinos Economidis, Australian Open 2008). E così ha dato concretezza a una frase pronunciata 24 ore prima, quando le qualificazioni erano ancora una giungla. “Sì, credo di poter diventare un grande campione”. Sembra presunzione, ma c'è modo e modo per dire le cose. E Stefanos le dice nel modo giusto. Ha imparato a convivere con la pressione da tempo, quando hanno iniziato a parlare di lui per quel tennis moderno e potente, mischiato a un tocco delicato e un elegante rovescio a una mano. Il tutto con notevoli margini di miglioramento. Ad esempio, è ancora un po' lento negli spostamenti. Un difetto da limare, perché nel tennis di oggi la parte atletica è troppo importante. La crescita c'è, anche perché un paio di settimane fa si è tolto lo sfizio di battere Jiri Vesely, numero 56 ATP. Non male per chi è ancora fuori dai top-200 (ma ci entrerà di slancio). “Ho sentito il fuoco dentro di me, quando ho giocato contro Vesely” dice il figlio di Apostolos, un padre (padrone?) molto presente.