NUMERI FANTASTICI
D'altra parte, che doveva fare? Giocare in modo scriteriato, col rischio di tenere Anderson in partita? Da parte sua, il sudafricano non ha lo spettacolo nel DNA. Ha tenuto un linguaggio del corpo fantastico, incitandosi a suon di “come on!” per tutta la partita, ma i problemi erano altrove. A rete non offre garanzie, mentre da fondocampo è un disastro se deve muoversi lateramente, anche soltanto per un paio di metri. Come detto, l'unico modo per restare a galla era servire alla grande e chiudere più scambi possibili entro i cinque colpi. I numeri hanno detto il contrario: appena 10 ace in 14 turni di battuta (ancora qualcosa di ridire sulla posizione di Rafa in risposta?) e la bellezza di 40 errori gratuiti, il quadruplo di Nadal. Ha tirato un paio di vincenti in più (32 a 30), ma è soltanto pane per gli statistici. Nel 2010, quando batté in finale Novak Djokovic, lo spagnolo aveva effettuato la sua migliore prestazione in assoluto al servizio (tant'è che, qualche tempo dopo, lo sconosciuto coach Oscar Borras provò ad attribuirsi i meriti di quel miglioramento, in virtù di qualche ora di allenamento effettuata mesi prima. Intentò una causa legale, perduta), mentre in questo torneo è stato eccezionale con la seconda palla: in finale ha raccolto uno stratosferico 70%, ma non è mai sceso sotto il 55% (nei quarti contro Rublev). Ad alti livelli, sono i dettagli a fare la differenza. Non ha concesso palle break e soltanto nell'ultimo game ha permesso ad Anderson di arrivare a 40. Nessun problema: due servizi esterni e 16esimo Slam in cascina. Stavolta non ha sentito la necessità di buttarsi per terra, e nemmeno di esultare più di tanto. Una vittoria che è frutto del lavoro, ma anche della serenità. La serenità di un giocatore che può continuare – perché no? - a inseguire Federer nella classifica dei più titolati di sempre. La storia insegna che, passati i 30 anni, vincere uno Slam diventa sempre più difficile. Ma il 2017 ha sconquassato ogni statistica. Federer è Federer, ma quei 5 anni di differenza – uniti alle difficoltà degli inseguitori – incoraggiano la rincorsa di Nadal. Tra quattro mesi, a Melbourne, proverà a diventare il primo tennista dell'Era Open a vincere tutti i Major per almeno due volte, ma prima c'è da difendere un numero 1 ATP (decisamente ipotecato dopo New York) e magari vincere l'unico torneo ancora assente dal suo palmares: il Masters, anzi, le NITTO ATP Finals. E allora certi dibattiti diventerebbero di fuoco.
US OPEN 2017 – Finale Uomini
Rafael Nadal (SPA) b. Kevin Anderson (SAF) 6-3 6-3 6-4