Il boom di Jannik Sinner si porta dietro, inevitabilmente, fenomeni che per cinquant’anni il tennis italiano si era dimenticato, nel bene e nel male. Premessa: che il tennis sia più popolare è solo un bene, e leggere gli ascolti che fanno i match di Jan solleva il cuore: la semifinale con Tsitsipas al Masters a Monte-Carlo su Sky ha raccolto 940 mila spettatori medi complessivi, cui si aggiungono i 147.000 spettatori del canale Sky Go, per un totale di 1.087.000 spettatori, oltre 2 milioni di spettatori unici, con l’ 8% di share, con un picco di 1 milione 137 mila spettatori durante le fasi decisive del terzo set. Nello stesso weekend, il derby di Serie A Torino-Juventus ha totalizzato 945.000 spettatori, il match tra Inter e Cagliari 952.000.
Detto questo fa un po’ sorridere che ci si debba per forza dividere fra Cultori del Gioco («ah, Signora Mia, adesso di tennis vogliono parlare tutti…») e Parvenu Rampanti («Ciao, domenica a che ora finisce il match di Sinner?»), che una critica o un applauso debbano per forza essere giudicati o un atto di Lesa Maestà («Anti-italiano!»), o una medaglia da appuntarsi al petto («Io sì che sono super partes!»). O che discutere di chiamate arbitrali - come nel tennis si è sempre fatto da tempi immemorabili - significhi d’improvviso farsi contagiare dal ‘morbo calcistico’. Fa tutto parte del gioco, a patto che la discussione sia civile e rispettosa. Poi, certo: a Monte-Carlo di errori arbitrali se ne sono visti parecchi, non solo da parte di Aurelie Tourte (che peraltro già l’anno scorso aveva preso un abbaglio durante Djokovic-Musetti, vedi il video sotto) come sta accadendo con più frequenza da qualche tempo. Le chiamate ‘umane’ sono ormai in estinzione, può essere anche questione di scarso allenamento, o di un calo di motivazione in vista dell’arrivo dell’elettronica anche sulla terra. Sbaglia persino il Falco, figuriamoci se non possiamo sbagliare noi umani (giornalisti compresi).