GLOVER PROVA A RICUCIRE I RAPPORTI
Risolto il problema strutturale, in Sudafrica si passerà a dei piani di reclutamento dei più giovani, così da allargare la base di praticanti, diventata piuttosto scarsa per un paese che conta una cinquantina di milioni di abitanti. Nel 2009 erano riusciti ad aggiudicarsi una data nel circuito ATP, ma per quanto il SA Tennis Open di Johannesburg (primo torneo del Tour vinto da Anderson, nel 2011) fosse una vetrina importante, durava appena una settimana. Troppo poco per lasciare qualcosa di tangibile. In più, per ragioni economiche ha chiuso i battenti dopo appena tre anni, lasciando il compito di trainare un intero movimento al solo Anderson, che peraltro ha tagliato ogni ponte sportivo col suo paese d’origine da parecchi anni. Glover (nella foto a sinistra) ha capito – già prima dello Us Open – che le risorse economiche possono fare molto, ma sarebbe sciocco non sfruttare la presenza di un giocatore come Anderson. Così, si è armato di diplomazia e ha provato a ricucire i rapporti col miglior giocatore del Paese, pur senza conoscere a fondo le dinamiche che da tempo hanno allontanato Anderson dal Sudafrica. Le ragioni sono molteplici, e se in alcune che l’hanno portato negli Stati Uniti la Federazione non ha colpe (college nell’Illinois, matrimonio in Florida, e le condizioni d’allenamento non ideali di Johannesburg, che si trova a oltre 1.700 metri sul livello del mare), è indubbio che alla base dell’addio alla Coppa Davis e della rinuncia alle Olimpiadi del 2016 ci siano degli screzi con TSA. In nazionale il numero 15 del mondo ha giocato solamente tre “tie” nel 2008 e due nel 2011: il suo bilancio di 9-1 la dice lunga su quanto potrebbe incidere per la sua nazionale, che invece naviga da tre stagioni nella Serie C del tennis mondiale, e nel prossimo fine settimana andrà a caccia della qualificazione per il Gruppo 1 in una delicata trasferta ad Aarhus (Danimarca). Sono favoriti, ma senza Anderson sono destinati a retrocedere in fretta.