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La vittoria è un dettaglio. Per “GQ” conta esserci.

Gianluigi Quinzi sfiora il colpaccio all’esordio nelle Next Gen ATP Finals: contro la prima testa di serie Andrey Rublev se la gioca alla pari, cedendo al tie-break del quinto set. Peccato, ma per il marchigiano la cosa più importante è capire che i migliori giovani del mondo non sono diventati irraggiungibili. Il Masters under-21 deve servirgli per ritrovare sé stesso, e l’avvio è incoraggiante.
Sfortunatamente, il tennis non conosce vie di mezzo. Il pareggio non esiste, o si vince o si perde. Ma come non tutti i successi pesano allo stesso modo, nemmeno tutte le sconfitte sono uguali. Per questo, Gianluigi Quinzi può sorridere anche se la vittoria da copertina contro Andrey Rublev è rimasta a una manciata di punti, perché se al suo esordio nelle Next Gen ATP Finals è mancata la ciliegina, la torta c’è comunque. Lo dice il punteggio finale, 1-4 4-0 4-3 0-4 4-3, che significa aver lottato per quasi due ore con quello che – in assenza di Zverev, che a Milano ha giocato un match d’esibizione con Stefanos Tsitsipas – è il miglior under 21 del mondo. E probabilmente anche quello che il 21enne di Porto San Giorgio conosce meglio, per l’amicizia che si era creata fra i due ai tempi dei tornei juniores, addirittura allargata alle rispettive famiglie. Entrambi sono stati numero uno del mondo di categoria, con la differenza che uno (il russo) oggi è il più giovane fra i primi 35 del mondo e all’ultimo Us Open ha raggiunto i quarti di finale, mentre l’altro (l’italiano) è numero 306 e negli Slam dei grandi ci ha giocato solo una volta le qualificazioni, perdendo al primo turno. Eppure, complice – va detto – una giornata non troppo brillante del 19enne di Mosca, in difficoltà con la risposta e un po’ troppo falloso col diritto, tutta ‘sta differenza sul cemento del polo fieristico di Rho non si è vista, in un match iniziato addirittura con un warning (a Quinzi) prima del primo punto, per aver sforato i 30 secondi dal “time” di Cedric Mourier. È bastato un break per dare il primo set all’azzurro, e far capire ai tanti scettici che ci sarebbe stata partita. E partita c’è stata eccome, con alti e bassi da entrambe le parti, ma soprattutto con tante palle-break a offrire la sensazione che da un momento all’altro il match potesse cambiare padrone. Più volte. Merito delle regole sperimentali, che riducono all’osso le possibilità di distrarsi e hanno regalato ai presenti (nella sessione serale circa un terzo dello stadio, purtroppo) proprio quella continua suspance che l’ATP si augura possa rendere ancora più interessante il prodotto tennis.
LA NECESSITÀ DI SENTIRSI UNO DI LORO
Proprio quando Rublev sembrava aver cambiato passo, vincendo al tie-break il terzo set, al russo è bastato perdere la bussola per quattro punti per ritrovarsi sotto 3-0, e una manciata di minuti più tardi era già l’ora del quinto set. Per decidere il vincitore c’è voluto il tie-break solo perché sul 2-1 il russo ha mischiato talento e follia inventandosi un rischiosissimo diritto lungolinea per cancellare una palla-break. Ma se il più forte è lui un motivo ci deve pur essere, e i momenti delicati sono quelli perfetti per dimostrarlo. Non è un caso che nel tie-break finale non ci sia stata storia: per Quinzi è aumentata la tensione, per Rublev l’attenzione, dal diritto del marchigiano sono arrivati quattro errori, e il sogno di battere all’esordio la prima testa di serie è sfumato quando il russo ha stampato sulla riga uno splendido rovescio incrociato. Ma in fondo non è nemmeno così importante. Perché alle Finals dei giovani di punti in palio non ce ne sono, quindi la classifica non si muove in ogni caso, e perché Quinzi ha prima di tutto un bisogno enorme di esserci, e di sentire che il pubblico italiano non ha smesso di credere nel suo tennis. È vero, tutti aspettavano Berrettini, ma forse è addirittura meglio che ci sia lui. Perché il romano ha spiccato il volo con le sue ali, mentre “GQ” aveva bisogno di una spinta, di rivedersi fra quei coetanei coi quali una volta chiacchierava negli spogliatoi, mentre oggi trova in tv, chiedendosi perché loro sì e lui no. Qualche differenza si è vista, per esempio quando il compito di spingere toccava a lui, con dritto e rovescio che viaggiavano mediamente a una decina di chilometri all’ora in meno rispetto a quelli di Rublev. Ma allo stesso tempo si sono viste anche delle grandi qualità difensive, che rubano meno l’occhio ma possono valere tanto. Proprio come queste Next Gen ATP Finals: mentre gli altri giocano per soldi e per onorare un evento costruito a loro immagine e somiglianza, lui gioca per ritrovare sé stesso e cominciare una carriera ancora ferma (o quasi) a quel maledetto titolo juniores di Wimbledon. Il girone di ferro in cui è capitato non gli è d’aiuto, ma nonostante la classifica dica che i veri Next Gen sono lontanissimi, oggi il campo ha mostrato una realtà meno tragica. La formula particolare dell'evento lascia qualche dubbio in più, ma per Quinzi può essere comunque un buon punto di ri-partenza.

NEX GEN ATP FINALS – Prima giornata Gruppo A
Andrey Rublev (RUS) b. Gianluigi Quinzi (ITA) 1-4 4-0 4-3 0-4 4-3
Hyeon Chung (KOR) b. Denis Shapovalov (CAN) 1-4 4-3 4-3 4-1

NEX GEN ATP FINALS – Prima giornata Gruppo B
Daniil Medvedev (RUS) b. Karen Khachanov (RUS) 2-4 4-3 4-3 4-2
Borna Coric (CRO) b. Jared Donaldson (USA) 4-3 4-1 4-3
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