AGGIORNAMENTO, h. 13.55 - Il TAS di Losanna è al corrente dei passaggi regolamentari segnalati nel nostro articolo. Ciò significa che potrebbe effettivamente esserci una retrodatazione della squalifica, parziale o totale (i dettagli sono spiegati nel nostro pezzo originario). Tale decisione potrà essere presa ESCLUSIVAMENTE dal Tribunale Federale Svizzero, a cui pare inevitabile che la Errani faccia ricorso. Per questa ragione, il TFS valuterà la sospensione della pena in attesa della propria sentenza definitiva, i cui tempi di pronuncia oscillano tra i 3 e i 5 mesi. Se la sospensione dovesse essere accordata, Sara potrà tornare immediatamente a giocare in attesa del pronunciamento finale. In caso contrario, dovrà stare ferma e attendere il giudizio. I tempi di pronunciamento per lo standby non dovrebbero superare le 2 settimane. C'è un caso molto recente: il calciatore peruviano Paolo Guerrero ha chiesto una sospensione da una squalifica per doping (aumentata dal TAS da 6 a 14 mesi) per poter giocare i Mondiali di Calcio in Russia. La richiesta è stata accettata dal TFS in circa due settimane, e Il TAS non ha effettuato obiezioni. Vista la complessità dell'argomento, e per una chiarezza interpretativa, ecco gli scenari possibili.
1) Il Tribunale Federale Svizzero concede la sospensione della pena: la Errani potrà tornare a giocare immediatamente in attesa del giudizio finale.
2) Il Tribunale Federale Svizzero NON concede la sospensione della pena: la Errani deve fermarsi in attesa del giudizio finale, atteso in 3-5 mesi.
3) Se il Tribunale Federale Svizzero NON dovesse concedere la sospensione, ma poi concedesse la retrodatazione, l'azzurra si troverebbe nella clamorosa situazione di aver scontato una pena che NON doveva scontare. Sarebbe incredibile.
4) Se il Tribunale Federale Svizzero dovesse concedere la sospensione, ma poi dovesse confermare la sentenza del TAS, Sara si ritroverebbe - tra 3-5 mesi - a doversi fermare per otto mesi.
È difficile immaginare cosa possa essere passato per la testa di Sara Errani quando le hanno comunicato la sentenza del TAS di Losanna. Dopo una snervante attesa e la bellezza di otto (!) rinvii (l'udienza si era tenuta in novembre, il verdetto era atteso a fine anno, invece è stato continuamente rimandato), nel weekend è arrivato il pronunciamento che sarà reso pubblico in queste ore: da due mesi, la sospensione è stata inasprita a dieci. Significa che Sara (che ha dato forfait al WTA 125 di Bol prima di giocare la semifinale), in aggiunta alle batoste materiali e psicologiche dell'anno scorso, dovrà stare ferma altri otto mesi. Potrà tornare a giocare soltanto nel febbraio 2019, anche se su questo punto sembra esserci una discrepanza tra quanto stabilito nella sentenza e le regole del Tennis Antidoping Program (*). La sentenza dei tre giudici del TAS (uno scelto dal Tribunale, uno dal clan Errani, l'altro da NADO Italia) ritiene che la romagnola non abbia dimostrato, secondo la riconosciuta formula del “più probabile che non” (ovvero, il 51% di possibilità), che il letrozolo sia entrato nel suo organismo tramite una contaminazione involontaria di cibo. Rimane la sensazione – amara, pesante – di una sentenza che la punisce molto duramente, anche se il TAS ha confermato un punto che stava molto a cuore di Sara: è stato confermato che l'assunzione del letrozolo è stata involontaria e accidentale: non esisteva alcun dolo. D'altra parte, lo stesso appello di NADO Italia non poteva vertere sulla volontarietà, ma soltanto sul grado di colpa. Per intuizione, pare evidente che anche la sentenza del CAS riconfermi la non volontarietà, che comunque - come detto - non poteva essere in alcun modo oggetto di discussione. Una piccola consolazione che accompagna l'epilogo di una storia fatta di tanti passaggi, non tutti emersi pubblicamente, che lasciano l'amaro in bocca. Per esempio, ci si domanda il perché l'agenzia antidoping nazionale (NADO Italia) abbia effettuato un ricorso così puntuale e, per certi versi, “aggressivo” nei confronti di un'atleta italiana. Dopo la sentenza del Tribunale ITF, NADO (che lo scorso dicembre ha raggiunto l'indipendenza formale, uscendo dall'organigramma del CONI) ha presentato a Losanna un ricorso decisamente accurato. In oltre 80 punti, Leonardo Gallitelli, Alberto Cozzella e Mario Vigna hanno manifestato forte perplessità per le decisioni del Tribunale ITF, che aveva dato credito alla spiegazione difensiva secondo cui il letrozolo era finito accidentalmente dalla confezione di Femara (il farmaco anti-tumorale preso da mamma Fulvia) nel cibo consumato da Sara il 14-15 febbraio 2017.